Web – Che cos’è il “Global Junior Challenge”?
Riportiamo direttamente la presentazione dall’Home Page del suo sito: “Il GLOBAL JUNIOR CHALLENGE premia progetti che operano in tutti campi dell’educazione, non solo quella scolastica. Non ci sono limiti di dimensione, né di portata geografica, il CHALLENGE dà il benvenuto a tutti: dal sito web creato dai ragazzi della terza media al progetto globale per l’utilizzo delle tecnologie più avanzate per l’apprendimento online.” (…) “Il Global Junior Challenge 2000 è stato un grande successo coinvolgendo oltre 580 progetti provenienti da più di 50 nazioni! La giuria ha selezionato 90 progetti finalisti in cinque categorie e un totale di 14 Premi sono stati consegnati ai progetti dal Sindaco di Roma, Francesco Rutelli nel corso del Gala di Premiazione tenuto in Campidoglio il 4 dicembre. Oltre 50 progetti hanno partecipato alla Global Junior Challenge Exhibition & Conference a Roma dal 3 al 5 dicembre.”
A prima vista, questa si direbbe decisamente una più che lodevole iniziativa, visto anche che “Il concorso è aperto a tutti: Scuole ed Università di tutti livelli, sia pubbliche che private e di tutte le regioni del mondo; Istituzioni ed enti del settore pubblico e privato; Associazioni, cooperative ed altre organizzazioni senza fini di lucro; Imprese del settore pubblico e privato; Centri di Ricerca; Singoli cittadini di tutte le età.”
La giuria che assegna i premi è composta da professori, psicologi, pedagoghi e consulenti vari provenienti da varie parti del mondo.
Tutto bene quindi?
Sì, fino a quando non si scopre che uno dei progetti premiati è quello di “BabyNet”, come si può leggere sul suo sito: “BabyNET ha ottenuto il Premio Internazionale GLOBAL JUNIOR CHALLENGE come miglior Progetto Educativo su Internet, a livello mondiale, per i bambini di età inferiore ai 10 anni. Tra i 588 progetti presentati da 49 paesi del mondo, BabyNET è stato scelto come vincitore per le sue qualità pedagogiche.”
Il bello, si fa per dire, viene quando si scopre “quali” siano tali alte valenze “pedagogiche”: il sito di BabyNET propone un servizio, dedicato agli asili (bambini da 0 a 6 anni), la cui essenziale caratteristica è quella di permettere ai genitori di collegarsi ad una web-cam per vedere cosa stanno facendo i propri figli. Naturalmente, per evitare possibili abusi, tale accesso è protetto da una password.
Secondo BabyNET, il sistema ha, tra gli altri, questi obiettivi “educativi”: “Elimina lo stato di ansietà che colpisce i genitori quando i figli iniziano ad andare a scuola”; “aiuta a superare in modo più rapido ed efficace il periodo di adattamento al centro”; “aumenta in modo significativo la partecipazione dei genitori al processo educativo dei propri figli”; “può essere usato come strumento di lavoro dei gruppi psicopedagogici”; “permette di fare dei bambini e delle bambine dei comunicatori universali”.
Gli illustri luminari della giuria hanno quindi ritenuto valevole dal punto di vista “pedagogico” un sistema di telesorveglianza via web e, in fondo in fondo, forse non hanno tutti i torti. Allevare delle persone abituandole, fin dalla più tenera età, ad essere sottoposte, in ogni istante della loro vita, all’occhio impietoso di una telecamera ne farà certamente dei cittadini modello pronti per un mondo dove, dai luoghi di lavoro, ai supermercati, alle piazze ci sarà sempre un grande occhio che vigila su di loro.
Quello su cui invece mi sembra che ci sia da esprimere forti dubbi è sul “tipo” di società che scelte pedagogiche del genere stanno preparando; un mondo dove il controllo è totale e diffuso a tutti i livelli, un futuro davanti al quale qualsiasi altra paranoia, anche quella di Echelon, si rivela di una pochezza disarmante.
In una vignetta del 1968, Ron Cobb disegnava due “cittadini di classe B” seduti su una panchina a loro riservata mentre, sotto l’occhio vigile di una telecamera e con un carro armato della polizia di pattuglia alle loro spalle, si scambiavano questa battuta: “Beh, almeno non dobbiamo più temere l’anarchia…”