Raymond: ho le prove contro SCO

Raymond: ho le prove contro SCO

L'esponente della comunità open source afferma di aver raccolto prove capaci di smontare alcuni dei più importanti reclami di SCO e dimostrare che il codice di Linux è pulito. Torvalds nel frattempo invita alla calma
L'esponente della comunità open source afferma di aver raccolto prove capaci di smontare alcuni dei più importanti reclami di SCO e dimostrare che il codice di Linux è pulito. Torvalds nel frattempo invita alla calma


Roma – E’ passato meno di un mese da quando Eric Raymond, il famoso guru del movimento open source, ha lanciato un’iniziativa il cui obiettivo è smontare le ben note accuse formulate da SCO Group contro IBM e la comunità Linux. In queste poche settimane Raymond sostiene di essere riuscito ad acquisire prove capaci di minare alla radice alcuni dei più importanti reclami di SCO.

In particolare, Raymond ha fatto sapere di aver raccolto i nominativi di una sessantina di persone pronte a testimoniare di avere avuto legalmente accesso al codice sorgente di Unix senza aver previamente firmato un patto di riservatezza con SCO. L’obiettivo di Raymond, come noto, è dimostrare che SCO non possiede più nessun segreto industriale su Unix a causa del fatto che, negli ultimi vent’anni, il suo codice non è stato protetto dai suoi proprietari con la cura e la responsabilità previsti dalla legge.

“Ci sono esempi che un avvocato potrebbe indubbiamente interpretare come una negligente omissione delle regole che è necessario seguire per far rispettare i segreti industriali e, di conseguenza, conservarne la validità”, ha detto Raymond.

La violazione di segreti industriali è solo una delle sei accuse che SCO ha lanciato a IBM, tuttavia costituisce una delle basi portanti dell’intero castello accusatorio di SCO: caduta questa, la comunità Linux avrebbe salvo l’onore e Big Blue, con tutta probabilità, il portafogli.

Attraverso l’appello lanciato dalla pagina Web No Secrets , Raymond sostiene di avere fino ad oggi ricevuto le testimonianze di circa 150 persone.

Gli sforzi del celebre paladino dell’open source sono stati bollati da Chris Sontag, a capo di SCOsource, “solo una perdita di tempo”. Egli sostiene infatti che SCO ha sempre protetto con cura i propri segreti industriali e non ha mai permesso l’accesso al codice di Unix senza la stipula di un patto di riservatezza. Se qualcuno in passato avesse avuto accesso a questo codice in altri modi – ha spiegato Sontag – quest’azione andrebbe considerata, semplicemente, una violazione del proprio contratto.

Raymond controbatte dicendo che AT&T – l’originaria proprietaria di Unix System V – e diversi vendor di Unix, quali Sun, hanno più volte rilasciato il codice sorgente di questo sistema operativo alle università, così da consentire a migliaia di studenti di accedere al codice senza la firma di nessun patto di riservatezza o altro contratto analogo.


Fra i sostenitori di Linux sono molti coloro che vedono la causa di SCO come una grande ed effimera bolla di sapone. Fra questi c’è ad esempio un anonimo sviluppatore che negli scorsi giorni ha inviato una lettera a The Inquirer spiegando di aver confrontato, con gli strumenti di ricerca messi a disposizione dal sistema operativo, il codice sorgente di alcuni file appartenenti al kernel di Linux 2.4.20 ed a BSD-Lite 4.4: dall’analisi di pochi file sarebbero emerse centinaia di linee di codice uguali. Lo sviluppatore ipotizza che queste siano le stesse porzioni di codice che in passato sono state copiate anche nello Unix System V: se così fosse, l’autore della missiva afferma che SCO non avrebbe alcun diritto di reclamarne la paternità.

“Non è un segreto – si legge nella lettera – che il codice di BSD sia stato copiato ovunque”.

La tesi che il codice condiviso fra Unix System V e Linux abbia un’origine comune, BSD Unix, potrà essere probabilmente verificata solo in sede processuale: quei pochi analisti che in queste settimane hanno potuto gettare uno sguardo sul codice reclamato da SCO sono infatti tenuti a mantenere uno stretto riserbo sulle informazioni a cui hanno avuto accesso.

Che SCO abbia ragione è un’ipotesi che la comunità Linux sembra semplicemente rifiutarsi di prendere in considerazione. In ogni caso, anche in questa eventualità, il vice president e research director del Gartner George Weiss afferma che per SCO potrebbe essere assai difficile ottenere l’enorme somma, pari a tre miliardi di dollari, chiesta a IBM a titolo di risarcimento danni. Weiss afferma infatti che il mercato Unix è ancora forte e con molti concorrenti e che, anche nel caso in cui Linux non fosse esistito, difficilmente SCO Open Server e UnixWare sarebbero riusciti a ritagliarsi una fetta di mercato più grande di quella attuale. SCO, come si ricorderà, vuole invece dimostrare che IBM ha usato Linux per “distruggere Unix” e giustificare, con questo, la sostanziale perdita di redditività del proprio business, crollato da 200 a 60 milioni di dollari nel giro di soli tre anni.

Chi, fra i massimi esponenti della comunità Linux, dimostra più serenità in merito al caso SCO-Linux è Linus Torvalds, il papà del Pinguino.

“Mi rendo conto che alcune persone stanno seguendo la soap opera di SCO con un po’ troppo ardore (…)”, ha detto Torvalds. “Non mi spiego neppure per quale motivo europei e americani abbiano improvvisamente cominciato a lanciare sonde verso Marte. Non stiamo evacuando il pianeta a causa di SCO. Sul serio. Non c’è bisogno di farsi prendere dal panico”.

Torvalds, che sta preparando il trasloco dagli uffici di Transmeta a quelli dell’Open Source Development Lab, sostiene che il suo primo obiettivo, al momento, è il rilascio del kernel 2.6 di Linux. Per le soap opera – dice – non ha davvero tempo.

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Pubblicato il
23 giu 2003
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