Recensendo/ A chi serve la new economy?

Recensendo/ A chi serve la new economy?

di ABC. Possibile che basti dire nuova economia per ridare improvvisamente slancio e fiducia a un mondo - quello economico e politico, quello dei giornalisti ma anche dei lettori, quello della TV ma anche degli spettatori?
di ABC. Possibile che basti dire nuova economia per ridare improvvisamente slancio e fiducia a un mondo - quello economico e politico, quello dei giornalisti ma anche dei lettori, quello della TV ma anche degli spettatori?

Alberto Abruzzese
A chi serve la new economy?
La grande truffa
Luca Sossella editore
anno 2000

L.10.000 (euro 5,16)
pagg. 84

E? una casa editrice che propone testi interessanti, in particolare quelli di questa collana diretta da Franco Berardi Bifo. In questo piccolo libretto Alberto Abruzzese ci parla di new economy. Lo fa criticamente, con la volontà precisa di non dare giudizi superficiali o generalizzanti. “Anche se tutti ne parlano, non tutti si trovano d’accordo nel celebrare l’avvento della new economy. C’è chi la fa essere il nostro nuovo Eldorado, la nuova terra promessa dell’impresa, del mercato, dei consumatori e persino dei cittadini, e chi pensa che essa costituisca solo una nuova forma di “buoni affari”, una bella pompata di ossigeno sui mercati e sul profitto. C’è chi pensa che sia l’inizio di una nuova cultura e di nuovi valori; e chi pensa che sia la distruzione dell’unica cultura e degli unici valori che essi conoscono come condivisibili. Chi la sente amica e chi la sente nemica.” Questo libro cerca, prima di giudicare la new economy come entità buona o cattiva, di capire di cosa stiamo in realtà parlando.

Perché di new economy si parla continuamente, a proposito e a sproposito. “Possibile che basti dire nuova economia al posto di vecchia economia per ridare improvvisamente slancio e fiducia a un mondo – quello economico e politico, quello dei giornalisti ma anche dei lettori, quello della TV ma anche degli spettatori, dunque di casa nostra che solo pochi anni fa confessava tutte le sue preoccupazioni per un tempo presente (e più ancora futuro) difficile, incerto, scarso se non del tutto povero di risorse? Cosa significa nuovo? Ci hanno insegnato fin da piccoli che i lampi possono portare buono o cattivo tempo. Di che novità si tratta? Buone e cattive nuove per chi e per cosa?”

Cosa cambia davvero con la new economy e la new technology? Cosa caratterizza la new society? “New, questo gradevole e confortevole prestito dal gergo americanese, ci annuncia un mutamento soltanto di superficie, come si dice nuovo a un abito che è fatto per piacerci e piacere, magari anche per sostituire un vestito ormai impresentabile con tutte le sue macchie e scuciture? Oppure, al contrario, fatto per cambiare look ovvero travestimento, ma che comunque non muterà di molto il nostro corpo e ci lascerà fare tutto quello che, nel bene e nel male, già facevamo prima?”

“La new technology è nata e ci ha preso da dentro con uno slancio vitale assai più potente delle gabbie sociali e cognitive a cui ancora apparteniamo.” ?”Grazie alle innovazioni tecnologiche che stanno rivoluzionando la nostra esperienza viviamo una occasione unica e straordinaria: la possibilità di cambiare la nostra vita collettiva in una misura che nessuna altra generazione ha potuto sperimentare. E tuttavia è una occasione che rischiamo di perdere, di sprecare, di rigettare nel passato che ci opprime. Una occasione, cioè, che, abbandonata alla deriva della old economy e della old society, lascerà le cose così come stanno; le riconsegnerà a quella stessa soggettività a cui la modernità ci ha consegnato e da cui né i vincitori né i vinti sanno liberarsi poiché l’uno è nella traccia dell’altro.”

Ma siamo pronti per la new economy? “Come è possibile pensare a trasferire la qualità dei nostri attuali mercati nella qualità delle nuove economie di consumo e di prodotto senza portare a termine una riflessione sulla qualità dei nostri sistemi generalisti che non è mai davvero iniziata? Chi crede che i contenuti siano quelli che albergano nelle vecchie industrie dello spettacolo e del tempo libero o nelle vecchie reti del broadcasting e pensa che l’affare basti farlo scaricando questi beni obsoleti – che chiama contenuti – in Internet, dovrebbe domandarsi, ad esempio, se Rai e Mediaset, così come sono, siano compatibili oppure, come noi crediamo, non siano invece strutturalmente refrattari a operazioni sostanzialmente innovative.” Una domanda che andrebbe ripetuta per ogni prodotto e ogni mercato della old economy. Mentre troppo spesso “con la new economy si vuole fare meglio ma non diversamente dal passato”.

Chi sono oggi i grandi pensatori del mondo presente e futuro, chi sa mostrarci “ciò che finalmente si dovrebbe dissolvere alla luce di un discorso che ha definito concluso il mondo moderno con il suo sistema di valori e le sue forme”, chi sa immaginare “gli estremi confini di negoziazione della new society”? Abruzzese estrae dal “fiume di parole che sgorga sui e dai mercati dell’ICT” le voci di pochissimi: Bernard Maris e Viviane Forrester, Jeremy Rifkin e Kevin Kelly. Una “isolatissima pattuglia di commentatori” che cerca nuovi modelli interpretativi, contro la pigrizia e l’uniformità delle considerazioni e dei giudizi, contro la “ridondante musica da fiera delle meraviglie”. Contro “la grande truffa”.

ABC

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Pubblicato il
7 apr 2001
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