RIAA vorrebbe. Ma non denuncia

RIAA vorrebbe. Ma non denuncia

Le ha minacciate, le ha avvertite, ha pure detto loro cosa fare, come farlo e perché ma nelle imprese americane si continua ad usare il peer-to-peer come nulla fosse. E giù nuove minacce
Le ha minacciate, le ha avvertite, ha pure detto loro cosa fare, come farlo e perché ma nelle imprese americane si continua ad usare il peer-to-peer come nulla fosse. E giù nuove minacce


Washington (USA) – Qualcosa trattiene l’associazione dei discografici americani RIAA dal mettere in atto le minacce, esplicite o velate, che ha pronunciato in questi mesi contro quelle imprese sui cui network girano materiali pirata, musica e non solo. La cosa è ormai evidente visto che la RIAA , anziché procedere con le denunce tante volte annunciate, ha deciso di mandare nuovamente lettere di avvertimento e diffida ad un nugolo di 300 grandi aziende statunitensi.

Colpita da una pruderìe nata probabilmente da una qualche forma di solidarietà industriale, l’associazione che si batte da anni contro la pirateria su internet nella lettera che Reuters ha reso pubblica ha scritto di sapere che il network aziendale viene usato da pirati e che questo può portare conseguenze gravissime. Scendendo nel dettaglio: “Le vostre risorse informatiche sono utilizzate per distribuire illegalmente musica protetta da copyright su internet. Vi invitiamo con forza a prendere misure immediate per fermare la violazione continuata dei diritti dei nostri associati sui network della vostra azienda”. Il tutto condito da un CD dove sono stati archiviati i log registrati dalla RIAA delle attività online provenienti dai network aziendali sotto accusa…

CD e parole, dunque, che suonano come l’ultimo avviso prima del diluvio; come a dire che RIAA ora sa chi viola e molto presto potrebbe decidere di agire trascinando in tribunale non solo chi usa sistemi come KaZaa ma anche le imprese attraverso i cui sistemi scambia i file musicali.

Si tratta di parole, inoltre, che arrivano dopo lunghe ed estenuanti crociate giudiziarie condotte dalla RIAA contro il P2P e il file-sharing, dopo campagne di “sensibilizzazione” e persino dopo il varo di un decalogo per le imprese che vogliono essere sicure di non consentire ai propri dipendenti di violare il copyright dei discografici. Tutto questo evidentemente non basta per fermare il traffico di musica via P2P, che peraltro non fa che aumentare. Rimane da vedere quando la RIAA deciderà di abbandonare la via diplomatica e passare ai fatti, non più solo contro chi produce i software di scambio ma anche contro le imprese sui cui computer quei software continuano a girare.

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Pubblicato il
19 mar 2003
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