Scuola, quando il digitale è economia

Scuola, quando il digitale è economia

Gli studenti italiani studieranno mai su testi e materiali digitali? Non ci sono motivi per opporsi alla transizione, le idee proliferano. Manca solo il pungolo dello stato
Gli studenti italiani studieranno mai su testi e materiali digitali? Non ci sono motivi per opporsi alla transizione, le idee proliferano. Manca solo il pungolo dello stato

“Gli studenti hanno il cellulare, il lettore mp3, fanno i compiti mentre stanno su MSN. O lasciamo che il PC sia solo strumento di svago oppure introduciamo la conoscenza nel PC: rischiamo di non parlare più lo stesso linguaggio degli studenti”. Sono riflessioni che confida a Punto Informatico Agostino Quadrino , amministratore unico di Garamond , piccola e dinamica casa editrice che opera nel settore scolastico, che offre libri interamente digitali, servizi che gli studenti possono fruire online.

“Si possono fare cose intelligenti con lo strumento multimediale, i ragazzini possono imparare a usare il computer anche non per fare stupidaggini o per giocare”. Gli fa eco Ethel Serravalle , consulente dell’ Associazione Italiana Editori per il settore scolastico.

Propongono modelli e prospettive diverse, rappresentano realtà editoriali molto differenti, ma nel parlarne con Punto Informatico Quadrino e Serravalle concordano sul fatto che incuneare il digitale nelle scuole possa innescare un circolo virtuoso che dalla scuola e dall’istruzione può stimolare gli insegnanti, può imprimere dinamicità al mercato dell’editoria scolastica, si può riverberare sulla sfera culturale dell’intero paese.

Instillare Internet e il digitale nelle scuole sembra essere un obiettivo dei governi che si sono succeduti nell’ultimo decennio: hanno espresso il desiderio di avviare la transizione, ma i propositi si sono puntualmente sopiti in un guazzabuglio di priorità e di passaggi di mano. Ora l’articolo 15 della legge 133/2008 , parte della manovra finanziaria, sembra esprimere la decisione di voler operare una svolta:

A partire dall’anno scolastico 2008-2009, nel rispetto della normativa vigente e fatta salva l’autonomia didattica nell’adozione dei libri di testo nelle scuole di ogni ordine e grado, tenuto conto dell’organizzazione didattica esistente, i competenti organi individuano preferibilmente i libri di testo disponibili, in tutto o in parte, nella rete internet. Gli studenti accedono ai testi disponibili tramite internet, gratuitamente o dietro pagamento a seconda dei casi previsti dalla normativa vigente.
Non sono solo editori piccoli, dinamici e già digitali come Garamond a plaudire al provvedimento, pronti a competere per ritagliarsi una posizione in un nuovo mercato: anche gli esperti AIE come Serravalle si dimostrano favorevoli al fatto che le autorità sospingano l’editoria scolastica italiana verso la transizione. Serravalle e Quadrino tracciano prospettive differenti, ma concordano su numerosi elementi.

Serravalle non rinuncerebbe mai al libro cartaceo, materiale, da sfogliare e sul quale fissare pensieri e ragionamenti : ritiene che la carta sia insostituibile, ritiene che un libro formato digitale vada trasferito in ogni caso su carta , con i costi che ciò comporta per l’utente finale. Il libro scolastico è altresì un mezzo per introdurre gli studenti al piacere della lettura: “Leggereste mai Anna Karenina a schermo? – provoca Serravalle – se si tira giù un pdf non si ha certo fra le mani una cosa elettrizzante”.

Il fatto che la consulente dell’AIE prospetti per il futuro la persistenza del libro e ritenga che la lettura a schermo non rappresenti il futuro, non le impedisce di aver meditato da oltre 15 anni sulle potenzialità del digitale, della multimedialità, dell’interattività: pensa a un sistema misto , che integri i vantaggi e la fisicità del libro tradizionale con la flessibilità del digitale. “Nel capitolo di un libro scolastico tradizionale ci sono tre pagine di testo e sette di esercizi – spiega Serravalle – gli esercizi servono ma ora hanno dei limiti: possono trasmigrare su Internet, in questo modo si farebbe un uso intelligente dello strumento multimediale”. È indubbio, spiega Serravalle, che operare in un ambiente ludico e interattivo possa stimolare il ragazzino, nativo digitale, a svolgere gli esercizi: il riscontro immediato, il risultato restituito in tempo reale dal prodotto multimediale può spingerlo a mettersi alla prova e a confrontarsi con i propri errori, un elemento importante in un paese come l’Italia in cui i risultati scolastici non sono proprio incoraggianti.

Sono innumerevoli i vantaggi della trasmigrazione su Internet o verso un ambiente interattivo di questo tipo di materiale scolastico: non ultimo quello di instillare nel bambino o nel ragazzo la consapevolezza che la tecnologia è uno strumento capace di veicolare non solo l’intrattenimento. Serravalle intravede quindi la possibilità di ridurre all’essenziale la carta, di rendere il digitale uno strumento complementare al libro : con la transizione ad un modello misto, con la riduzione della carta accompagnato ad un sistema di licenze dal costo irrisorio per i contenuti digitali interattivi, ci sarebbe inoltre la possibilità di ridurre le spese che incombono sulle famiglie.

Quadrino insegue invece una prospettiva più radicale: non pensa ad un sistema misto, ma crede nella possibilità di rendere tutto digitale . Nel corso degli esperimenti già in corso presso Garamond sono stati offerti prodotti fatti completamente di bit: al libro, trasformato in un pdf, si affianca un corollario di strumenti e di contenuti, dai podcast agli esercizi, dagli aggiornamenti agli strumenti per l’insegnante. Il modello di business proposto da Quadrino è quello dell’ accesso : per ora Garamond vende a 9,90 euro un servizio composto da un pdf e da strumenti collaterali da attingere alla rete. Sta allo studente scegliere come approfittare del pdf: a coloro che obiettano che la lettura a schermo sia distraente, a coloro che obiettano che stampare un pdf in casa comporti una spesa non indifferente, Quadrino risponde che lo studente può scegliere di stampare solo le porzioni di libro di cui necessita. Qualora decidesse di non approfittare della praticità di fascicoli stampati ad hoc e fra le mura di casa, esistono servizi di print on demand come Lulu : il libro di Garamond stampato non costa che due euro in più. Esistono inoltre altri motivi per cui può essere opportuna una transizione radicale verso il digitale: oltre a sospingere naturalmente l’uso della tecnologia presso ragazzi e insegnanti, i contenuti digitali rappresentano un’opportunità per gli studenti disabili che possono trovare nella tecnologia un supporto.

Ma una transizione al digitale non è esente da problemi. Nella case editrici fervono i dubbi, si medita sulle soluzioni per massimizzare le potenzialità di una transizione. “Chi sono quegli autori e quegli editori che possono autorizzare lo scarico ?”, si interroga Serravalle. Le questione della pirateria è un nodo fondamentale da sciogliere per gli editori: Serravalle immagina lo scenario che potrebbe configurarsi in Italia qualora la transizione al digitale fosse totale, qualora l’editoria scolastica scegliesse di migrare verso un modello fatto di soli ebook. Serravalle parla di digitale e nel contempo tratteggia una pirateria cartacea , fatta di fotocopie: non pensa alla pirateria agevolata dal costo nullo di riproduzione del formato digitale ma pensa alle opportunità che potrebbero configurarsi per il mercato delle copisterie. Se questo canale parallelo attecchisce ora solo nell’editoria cartacea universitaria, la possibilità di scaricare testi digitali da Internet, a parere della consulente dell’AIE, incoraggerebbe il mercato della copia anche in settori finora non investiti dalla pirateria cartacea. Serravalle spiega che gli editori non si sono ancora organizzati per approntare protezioni anticopia sui formati digitali: “Devi tutelarti e tutelare tutti i soggetti che vanno tutelati, scaricare selvaggiamente è una soluzione basata sull’idea che il lavoro intellettuale non valga nulla”.

Sussistono però degli ostacoli di altra natura che possono intralciare la transizione al digitale: se il presidente del Gruppo Editoria Scolastica dell’AIE, Enrico Greco, assicura che “i bambini d’oggi, fin dalla scuola primaria, cominciano a usare il computer non solo per giocare”, se i dati raccolti dall’Osservatorio Permanente Contenuti Digitali mostrano che il 69 per cento degli under 14 ha accesso a un PC, se è vero che fra i ragazzi tra i 14 e i 19 anni il 59,7 per cento usa il PC sul luogo di studio e il 90,1 per cento usa il PC a casa, non si può stabilire con certezza che nelle case, ma soprattutto nelle scuole, esistano macchine in rapporto di uno a uno con gli studenti . Una relazione indispensabile per pensare di smaterializzare il materiale scolastico in prodotti digitali. Se i ragazzi, nativi digitali, sono pronti ad affrontare la transizione, sembrano ancora latitare strutture in grado di sostenerla: le famiglie, spiega a Punto Informatico Serravalle, dovrebbero attrezzarsi con un collegamento a Internet e dotare ogni figlio di un computer, le scuole dovrebbero fare altrettanto.

Le resistenze che non si incontreranno sul fronte dei ragazzi, rischiano di essere estremamente ostinate sul fronte dei docenti: “Molti insegnanti continuano a mantenere una mentalità tipografica” spiega Quadrino. Serravalle conferma che molti dei docenti, formati con corsi di aggiornamento imposti, ancora non comprendono la possibilità di utilizzare il computer come uno strumento trasparente, da integrare nella strategia didattica. Quadrino ricorda che al momento della scelta dei libri scolastici sono stati numerosi gli insegnanti che hanno proposto al collegio dei docenti e ai dirigenti di introdurre il formato digitale proposto da Garamond: si sono scontrati contro resistenze di tipo culturale, contro un corpo docenti che diffida dagli scombussolamenti.

Forse anche per il fatto che i docenti non appaiono pronti, le case editrici si sono mosse con cautela: “Non che gli editori siano stati inoperosi – ricorda Serravalle – il progetto DigiScuola nato sul finire della XIV legislatura prevedeva l’utilizzo di learning object, il pagamento di una licenza, il tentativo di organizzare il mercato”. Il progetto, che poteva costituire un impulso per le case editrici, sembra essersi però sopito nel corso degli anni e degli avvicendamenti al governo, per essere recuperato solo di recente.

Ma l’esitazione delle autorità nel promuovere progetti di transizioni al digitale, se sembrava essere spazzato via con risolutezza dall’articolo 15 della legge 133, si ripresenta ora sotto forma del Decreto Legge 1 settembre 2008, n. 137 :

fermo restando quanto disposto dall’articolo 15 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, i competenti organi scolastici adottano libri di testo in relazione ai quali l’editore si sia impegnato a mantenere invariato il contenuto nel quinquennio, salvo le appendici di aggiornamento eventualmente necessarie da rendere separatamente disponibili. Salva la ricorrenza di specifiche e motivate esigenze, l’adozione dei libri di testo avviene con cadenza quinquennale, a valere per il successivo quinquennio.
Fermo restando, sottolineano Quadrino e Serravalle, che esistono testi di materie scolastiche tecniche che necessitano di aggiornamenti a ritmi più frequenti, come si concilia il testo del Decreto Legge con la disposizione prevista nella legge 133/2008 in cui si invitano le scuole a scegliere, dall’anno scolastico 2008/2009, “preferibilmente i libri di testo disponibili, in tutto o in parte, nella rete internet”? “Evidentemente il testo dell’articolo 15 richiede uno sviluppo nel tempo, dal 2009 al 2012 – chiarisce Serravalle – è un provvedimento che riguarda lo sviluppo triennale: offre dunque alle case editrici l’opportunità di progettare e sviluppare nel 2009, nel 2010, nel 2011 questo nuovo regime”. Certo è, però, che con il blocco delle adozioni per i prossimi 5 anni non si incentivano le case editrici ad organizzare la transizione: “le case editrici – si chiede la consulente dell’AIE – devono così rinunciare all’innovazione?”. Il problema, concordano Quadrino e Serravalle, risiede nel fatto che le disposizioni che dovrebbero guidare il futuro della formazione sono contenute in una legge di natura economica e mirino alla semplice riduzione dei costi per stato e famiglie: a dimostrarlo, il fatto che l’articolo 15, lungo il quale si snoda il percorso dell’adozione di libri di testo digitali, sia titolato “costo dei libri scolastici”. “È un errore politico grave – denuncia Serravalle – si parla del costo dei libri quando si sarebbe dovuto parlare della tecnologia come strumento per la formazione”.

Quando esistono ostacoli di questo tipo, mentre i piccoli dell’editoria che puntano molto sul digitale continuano a rivolgersi alla nicchia degli insegnanti che tendono spontaneamente all’innovazione, sono soprattutto i colossi dell’editoria a mostrare un comportamento attendista: dovrebbero organizzare una transizione elefantiaca sostenendo costi e ristrutturazioni sul fronte del personale e delle professioni, della catena del valore, del modello di business, non hanno alcun pungolo per riorganizzarsi e puntare al futuro. Poiché lo stato non dimostra risolutezza nel guardare al digitale, i grandi editori esitano ancora a pensare a organizzare la migrazione. Ma le piccole case editrici, è nel loro interesse e nell’interesse del mondo dell’istruzione, sfornano idee e proposte. Garamond ha già meditato la riorganizzazione: si potrebbe innescare un circolo virtuoso che potrebbe accontentare tutti gli attori che parteciperanno alla transizione al digitale del sistema scolastico, dagli editori alle famiglie, dagli insegnanti ai produttori di hardware. La proposta della casa editrice si incunea nell’articolo 15 della legge 133: promette una soluzione a ciascuno dei problemi che emergono quando si ragiona a vari livelli e a vario titolo sulla migrazione, dal costo dei libri alla pirateria, passando per la competizione fra case editrici.

Quadrino spiega a Punto Informatico che l’idea è balenata quando ha appreso di un’iniziativa lanciata a San Francisco: i gestori di strutture turistiche versano una tassa proporzionata al flusso di utenza, il denaro raccolto si investe per finanziare attività destinate ai visitatori, attività che innescano un circolo virtuoso capace di attirare un flusso di turisti ancora maggiore verso le strutture ricettive della zona. Garamond auspica che un’analoga dinamica possa sostenere la transizione all’editoria scolastica digitale. La casa editrice suggerisce che la pubblica amministrazione istituisca una piattaforma , un marketplace al quale faccia riferimento l’intero settore dell’editoria scolastica. Questa piattaforma potrebbe rappresentare l’interfaccia tra gli editori e gli insegnanti, che possono consultare i testi e i materiali, confrontare i costi delle licenze e valutare l’acquisto per gli alunni delle proprie classi. La piattaforma gestita a livello statale è altresì uno strumento per verificare il numero delle adozioni e stilare un report che tenga conto delle licenze vendute per ciascun editore.

A differenza di quanto avviene ora per il ciclo della scuola secondaria, non saranno le famiglie a pagare le licenze: gli studenti potrebbero dotarsi del materiale scolastico digitale a costo zero . Garamond propone infatti che l’amministrazione prelevi un’ imposta di scopo sulle vendite di prodotti hardware destinati alla fruizione di materiali digitali venduti in Italia, dai computer ai telefonini: si tratterebbe di un’imposta che costerebbe ai produttori e ai distributori molto meno di quanto consentirebbe loro di guadagnare. I fondi prelevati verrebbero redistribuiti agli editori, il lavoro di autori ed editori verrebbe adeguatamente ricompensato.

Si tratta dunque di un modello economico che sembra poter soddisfare tutti gli attori del mercato. I produttori e i distributori di hardware potrebbero permettersi di non riversare l’imposta di scopo sui consumatori. Si spendono ad oggi 650 milioni di euro per i libri scolastici, una cifra destinata a ridimensionarsi una volta effettuata la transizione , una volta sfoltito il costo imputabile alla carta e ai meccanismi di distribuzione che, a parere di Quadrino, si può stimare nel 70 per cento del prezzo di copertina di un testo. I milioni di euro necessari a coprire il mercato dell’editoria scolastica si dovrebbero spalmare su un totale di acquisti di hardware più consistente rispetto a quello attuale: molte famiglie saranno incentivate dal passaggio al digitale a dotare i ragazzi degli strumenti necessari a fruire del materiale scolastico. È così che, calcola Quadrino, i produttori di hardware sarebbero costretti a versare una cifra minima, stimabile in un pugno di centesimi di euro.

Gli editori? Il primo sviluppo di un sistema editoriale digitale accentrato in una piattaforma gestita dallo stato sarebbe una più salubre competizione : ridotti i costi di produzione dei contenuti da destinare all’istruzione e quindi ridotte le soglie d’ingresso in un mercato dominato da pochi colossi, anche i piccoli editori potrebbero ritagliarsi uno spazio per offrire servizi di qualità. Gli editori di qualsiasi dimensione non avrebbero che da rallegrarsi: una volta affrontati i costi di assestamento iniziale, una volta assorbite le spese del necessario ripensamento di tutta la propria struttura operativa e professionale, verrebbero adeguatamente retribuiti per quanto offrono. Non dovrebbero temere che si sviluppi un traffico di prodotti pirata, non dovrebbero pensare ad equipaggiare i prodotti con sistemi DRM che, a parere di Quadrino, sono manifestazioni dell’incomprensione dell’industria rispetto a quanto sta avvenendo sul mercato dei contenuti. L’utente non avrebbe alcuna motivazione a copiare il materiale didattico: scaricato il costo del prodotto sul produttore di hardware, l’utente finale non sostiene alcun costo per assicurarsi il materiale. L’unico costo che dovrà sobbarcarsi il cittadino è quello degli strumenti per fruire del materiale scolastico, strumenti per altro utili per un’infinità di attività, strumenti che incentivano non solo lo studente ma anche il resto della famiglia a incuriosirsi alla tecnologia e ad avvicinarsi a Internet.

Il sistema non sembra mostrare falle nemmeno sul fronte degli insegnanti: il corpo docenti, confrontandosi con offerte frammentate e molto più articolate di quelle che si possono offrire sul canale tradizionale, avrebbe la possibilità di scegliere solo il materiale che effettivamente serve. Resta il problema della formazione degli insegnanti, dell’impatto con il digitale: la necessità di confrontarsi con formati diversi potrebbe stimolare la curiosità del docente e abbattere la diffidenza che ora nutre nei confronti di un canale che in molti ancora non conoscono.

Resta il problema dell’incompatibilità fra i provvedimenti, resta il problema di autorità che, impegnate a far quadrare i bilanci, esitano ad adottare per il settore dell’istruzione una visione organica e orientata al futuro. Il dibattito è aperto, se ne discute agli Stati Generali dell’Editoria e si discetta in Parlamento. In attesa che si traccino linee guida più lungimiranti, la consulente per l’editoria scolastica dell’AIE invita a non perdere l’occasione di incuneare il digitale nella scuola e nella quotidianità: “Il digitale sarà più di quel che è stato Gutenberg”.

a cura di Gaia Bottà

Link copiato negli appunti

Ti potrebbe interessare

Pubblicato il
2 ott 2008
Link copiato negli appunti