Se i commenti fanno male alla scienza

Se i commenti fanno male alla scienza

Popular Science sceglie di negare ai propri utenti la possibilità di commentare gli articoli: un drappello di troll potrebbe bastare a far inabissare il destino della ricerca scientifica. YouTube adotta un approccio più moderato
Popular Science sceglie di negare ai propri utenti la possibilità di commentare gli articoli: un drappello di troll potrebbe bastare a far inabissare il destino della ricerca scientifica. YouTube adotta un approccio più moderato

Non svolgono una funzione di controllo rispetto ai contenuti, riescono a soffocare le discussioni inasprendo i toni e le interpretazioni dei lettori: Popular Science ha deciso di revocare al proprio pubblico la possibilità di commentare gli articoli, ha deciso di farlo nel nome della scienza.

È stata una decisione presa in maniera ponderata, tanto di dimostrazioni alla mano: il celeberrimo magazine di divulgazione scientifica non permetterà più di commentare i nuovi articoli. Perché i commenti non assolvono alla funzione propria dei sistemi di peer review , e avvelenano la missione compiuta dal sito, anche se i bot e coloro che prendono posizione a sproposito sono una minoranza rispetto alla più moderata comunità dei commentatori.

PopSci chiama in causa uno studio recente , in cui si confrontano gli atteggiamenti di due gruppi di lettori di un articolo scientifico, esposti gli uni a commenti educati e composti, gli altri a commenti dai toni fiammeggianti, densi di attacchi personali e di prese di posizione tanto forti quanto ingiustificate. Il risultato della studio ha convinto il magazine: i lettori dell’esperimento che sono stati esposti ai commenti più violenti hanno radicalizzato le proprie opinioni rispetto all’oggetto dell’articolo, indipendentemente dai contenuti dell’articolo stesso. Il meccanismo è implacabile: le opinioni dei lettori diventano opinione pubblica, la quale a sua volta indirizza la sfera di interesse della ricerca scientifica. Osservato ciò, spiega PopSci , “inizierete a capire perché ci siamo sentiti obbligati a premere il tasto off “.

Se il magazine ha deciso di rinunciare ad affrontare la questione, promettendo la possibilità di continuare a dibattere attraverso i social network e su sezioni appositamente dedicate previste solo per alcuni articoli, altri soggetti hanno pensato a risolvere il problema abbracciando soluzioni intermedie. L’ Huffington Post combatte i troll rinunciando all’anonimato, Gawker ha previsto dei filtri personalizzati e ha consegnato ai propri, numerosissimi utenti la responsabilità di gestire le conversazioni nel modo migliore.

Anche Google si è ora mosso in questo senso, svelando delle nuove funzioni per agevolare i dibattiti associati ai video. I commenti saranno vincolati alle identità su Google+, nel tentativo di responsabilizzare gli utenti e soprattutto di far emergere le relazioni fra i partecipanti alle discussioni, valorizzando quelle che si intessono fra le cerchie di interesse. Oltre alla possibilità di gestire con più flessibilità le discussioni private, riservate agli amici, o pubbliche, la piattaforma offre strumenti capaci di agire in maniera più drastica: qualora le nuove funzioni non bastino a far dipanare la conversazione in maniera civile, l’utente potrà controllare in anticipo i commenti relativi al proprio video, innescando un sistema di filtri basati su parole chiave che non lasci scampo ai troll.

filtri su YouTube

Gaia Bottà

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Pubblicato il 25 set 2013
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