Web – Nel laboratorio informatico della sua scuola seguiva, poco convinto, un signore che lo guidava attraverso gli ambienti di una scuola modello. Un edificio da sogno. Intanto, fuori, stavano montando i ponteggi per restaurare la sua scuola, quattro anni dopo che aveva cominciato a piovere dentro. Doveva proprio sorbirselo tutto quel CD-ROM sulla 626? Non poteva permettere che il capo d’istituto andasse in prigione. Il CD-ROM in persona ti dava l’attestato di lavoratore informato sulla sicurezza. Nel collegio docenti, stipati in 80 in un’aula di 7×5, con una sola porta, ma tante finestre, era salita l’implorazione-minaccia di espletare questo salvifico dovere: esplorare per intero il CD-ROM sulla 626.
In tre ore di mouse se la sarebbe forse sbrigata. Erano niente di fronte alla collega che dopo 6 ore di sofferenza, uscito il fatidico foglio dalla stampante, mentre andava a far firmare l’attestato, si accorse che non c’era scritto “Si attesta che.” Dalla stampante erano invece usciti una bella serie di articoli di legge. Non che fosse andata meglio alla collega che si era portata il CD-ROM a casa. Mentre l’omino andava con la sua tiritera, lei si affacciava in cucina a pulire la verdura, poi tornava a fare clic. Finito il minestrone anche il CD-ROM era quasi bollito. Il giorno dopo se ne tornò a scuola per completarlo e stampare l’attestato. Sorpresa. Tutto il suo percorso era scomparso. Dramma. Soluzione: la memoria del suo lavoro era sul pc di casa (e non poteva essere diversamente le spiegarono). Però non aveva la stampante. Che fare? Impacchettata la stampante di scuola l’aveva portata a casa, era anche riuscita a stampare l’attestato (e le era andata bene le spiegarono). Tempo risparmiato? Due ore in più, senza contare i sudori freddi e caldi, provate a portavi in giro una stampante.
Intanto, mentre il cigolio della carrucola e messaggi da terra a tetto sovrastavano di quando in quando la preziosa voce-guida del CD-ROM, il nostro proseguiva il suo viaggio virtuale. Rimpiangeva ora di non aver accolto l’invito del suo amico smanettone. Entro nel database, gli aveva detto, faccio un po ‘ di hackeraggio ed ecco l’attestato è fatto. Se la sarebbe cavata con un caffè e due risate alle spalle della collega che era entrata in crisi alla vista del “topo”. Mai aveva preso un topo in mano, le scappava da tutte le parti. Dov’è finito? Clicca lì. Dove? Aspetta che vado in classe un attimo e ritorno.
Il topo, in mano alla sua collega esperta, era molto ubbidiente e per gli alunni, in classe, fu una vera festa, quella mattina. E la collega “esperta” aveva lasciato qualche chilo sulle scale della scuola. Lui voleva esplorare completamente questo esempio di didattica multimediale interattiva. Per molti insegnanti sarebbe stato il primo incontro con il computer. Che opinione ne avrebbero ricavato? Era anche vero che in molte scuole il CD-ROM sulla 626 era un illustre sconosciuto. In altre era bastato un viso feroce in collegio per accantonarlo.
Cuius regio eius religio? E poi l’attestato ti riconosceva 20 ore. Era stato pensato quando c’era il “gradone” (100 ore di aggiornamento per salire nella carriera), che però era morto prima di avere alcun effetto, anche se aveva avuto vita meno effimera del “concorsone”, ripudiato da quasi tutti i padri. Che te ne fai ora di 20 ore?
Man mano che si addentrava nel percorso della scuola modello dell’ormai odiabile CD-ROM, cresceva in lui il dubbio che la sua scuola non fosse molto in regola con le leggi sulla sicurezza. Come la mettiamo con le ciabatte per sopperire alla mancanza di prese a cui collegare i computer? E con le scale di emergenza? E con le porte antipanico? Poteva lasciare Virgilio da solo mentre lui si assentava per un’urgenza? Mentre riempiva il secchio per sopperire allo sciacquone, rotto ormai da tempo, e assaporava il sollievo di non dover tenere la porta, con la serratura rotta, perché a quell’ora non c’erano bambini e colleghi in giro, sentiva in lontananza il suo mentore che parlava al vento. I tubi d’acciaio salivano, passando davanti alle finestre del laboratorio. Meglio qui che sul tetto con questo vento gelido. Il percorso stava forse per concludersi. “Non puoi ancora uscire perché non hai concluso l’unità, ma, visto che non sei mio prigioniero, clicca sulla porta per uscire”.
Dov’è che devo ancora andare? Un omino e una donnina, casualmente cliccati, gli aprirono gli ultimi re-cessi. Questo gli mancava. Ora forse poteva stampare l’attestato. Poi, dopo l’augusta firma, l’archivio della scuola si sarebbe arricchito di un prezioso foglio. Il capo non avrebbe rischiato la galera per colpa sua e lui una lettera di richiamo al dovere. Accese la stampante, pregò che non facesse capricci (era capace di dirgli spudoratamente “carta esaurita”, con una risma dentro) e si accinse a cliccare sul comando stampa. Fa un gran chiasso oggi la stampante, pensò. Il tubo innocenti gli arrivò dritto su una gamba, dopo aver fracassato il vetro. Sull’ambulanza stringeva in mano il suo prezioso “Si attesta che..”