Spam radicale, errore da non ripetere

Spam radicale, errore da non ripetere

di L. Colinelli. Nella mailbox siamo noi a parlare ai nostri amici e i nostri amici a parlare con noi. Non intendiamo accettare di vederla diventare un sostituto di Porta a Porta, e ci opporremo a questo con ogni forza
di L. Colinelli. Nella mailbox siamo noi a parlare ai nostri amici e i nostri amici a parlare con noi. Non intendiamo accettare di vederla diventare un sostituto di Porta a Porta, e ci opporremo a questo con ogni forza


Web – Chi segue PI già conosce tutto sugli episodi di spam in email inviati in nome del partito di Emma Bonino. Non è quindi il caso di ripercorrere le tappe di questa brutta vicenda, che ha visto l’impiego degli stessi strumenti e tecniche che siamo abituati a veder usare da parte degli spammer professionisti americani (per esempio l’uso di software di email-harvesting o l’uso di mailer direct-to-MX da nodi dial-up). Vorremmo invece riflettere sulla presa di posizione ufficiale che il movimento politico in questione, dopo aver avuto chiara misura della reazione provocata in rete dai mailing, ha reso nota mediante un comunicato .

Il comunicato inizia esprimendo l’opinione secondo cui la legislazione vigente non vieterebbe il comportamento all’origine di questo incidente. Che questo sia vero o no, non sappiamo dirlo. Sappiamo però per certo che nessuna legge ci obbliga a mettere le nostre risorse a disposizione di chiunque ritenesse di volersene servire per proprio uso, e anche che è perfettamente legale pretendere di voler essere noi, e non altri, a decidere che uso dobbiamo fare del nostro computer, della nostra linea di connessione al provider, dello spazio che il nostro provider ci fornisce per contratto, del tempo che trascorriamo davanti al video. Sono tutte cose nostre e vogliamo essere noi a disporne e a stabilire in quale modo ed entro quali limiti ci va bene che altri possano impegnarle. E siamo veramente stufi di dover tenere i nostri indirizzi di email nascosti o cammuffati, per non lasciare che qualche tristo personaggio da un sottoscala di Dallas, o qualche azienda che ritiene di potersi permettere tutto, mettano le mani su ciò che è nostro.

Nel seguito, il comunicato fa presente che gli organizzatori hanno fatto del loro meglio per evitare l’invio di ulteriori messaggi a coloro che avessero espresso l’intenzione di non riceverne più. Questa proposta è da tempo conosciuta con il nome di opt-out: lo spammer rivendica il diritto di spedire almeno un messaggio a qualsiasi mailbox gli riesca di individuare, garantendo (non sapremmo su cosa) di escludere dalle successive spedizioni coloro che glie ne facessero richiesta.

Anche se l’opt-out piace molto alle lobby del marketing on-line, si vede subito come non sia accettabile già solo per una questione di numeri (se la pratica si diffondesse, il proprietario di una mailbox si troverebbe a dover spedire anche diverse centinaia di richieste di opt-out ogni giorno per tutta la vita). Passando poi ai principi, nessuno ha mai spiegato perché il titolare di mailbox dovrebbe accettare di vedersi imporre questa sorta di pedaggio da qualcuno con cui non ha mai contratto alcuna obbligazione.

Proseguendo nella lettura del comunicato, notiamo che la decisione presa dagli organizzatori, ossia di sospendere ogni ulteriore invio, non è definitiva, in quanto varrà “almeno finché l’Autorità non si sarà espressa”. Come dire che si rispetterebbe un eventuale divieto da parte dell’Autorità, ma non c’è intenzione di dare alcuna importanza al fastidio che le email indesiderate provocano, notoriamente, alle persone.

Del resto sappiamo, da un recente resoconto leggibile su PI , che Emma Bonino ha detto di sapere benissimo, anche per esperienza personale, quale sia il fastidio di ricevere spam. Ciononostante ne ha fatto spedire quanto ha potuto, per poi dirci che “c’è la libertà di aprirlo o non aprirlo quel messaggio”. Ammettiamo pure non sapesse che gli spammer americani, i quali da anni insistono a dire “Just hit delete”, hanno definitivamente esaurito la nostra pazienza. Ammettiamo anche non avesse pensato al problema dei costi dei loro mailing, addossati ai destinatari, che questi lo volessero o no. Purtuttavia, non poteva non rendersi conto che lo spam in email fa innanzitutto perdere tempo (risorsa che per molti è la più critica) e che costringe al fastidio di cercare tra la spazzatura per rintracciare i messaggi che interessa ricevere, come quelli di amici o clienti (rischiando pure di non vederli o perderli del tutto). Per non parlare del fastidio di vedere invadere un proprio spazio. Dobbiamo ammetterlo: il fatto che per qualcuno tutto questo non significhi nulla va al di là della nostra capacità di capire.

Verso la fine del comunicato compare un interrogativo: e se un dissidente (cinese, cubano o altro) non avesse altro mezzo che l’email per diffondere la sua denuncia, lo si estrometterebbe dalla rete? Qui dobbiamo dire: ma fateci il piacere, non scherzate su cose serie. Ci mancherebbe solo di immaginare un dissidente che si mette a fare lo spammer. E lasciamo stare anche il diritto universale alla libertà di espressione: è cosa cui teniamo troppo per apprezzare quando venisse citato per nascondere imbrogli. La libertà di espressione non include il diritto di parlare a spese altrui, come la libertà di stampa non significa che un quotidiano nazionale sia tenuto a pubblicare un mio editoriale così, perché io glielo chiedo, ma significa che, se qualcuno volesse fondare un quotidiano e provvedere ai suoi costi, avrebbe tutto il diritto di pubblicare ciò che volesse, senza che lo si possa mettere a tacere.

Troviamo nel comunicato anche la denuncia dei radicali relativa all’esclusione del loro soggetto politico da parte del sistema radiotelevisivo pubblico e privato, con conseguente lesione del diritto dei cittadini ad essere informati. Questi temi escono dall’ambito su cui qui ci interessa soffermarci, tuttavia ci pare evidente che possano benissimo essere discussi in rete, che anzi di spazi adeguati già ne esistano e che se ne possano pure creare altri laddove necessario. E non c’è bisogno di mandare spam perché coloro che ne sono interessati possano agevolmente trovarli. Occorre solo una cosa: che in rete si possa stare comodi e a proprio agio, come in una sala riunioni dove nessuno si permette di mettere i piedi sul tavolo né di mettersi a urlare per coprire la voce di tutti gli altri. La lotta agli abusi di rete (che sono sempre abusi nel modo, non nei contenuti) serve proprio per questo.

Concludiamo osservando che in casa già abbiamo la televisione, mezzo uno-a-molti per eccellenza nel quale troviamo, ogni volta che accendiamo l’apparecchio, la comunicazione unilaterale predisposta da qualcuno. La posta elettronica è invece un mezzo uno-a-uno, tipicamente individuale. Nella mailbox siamo noi a parlare ai nostri amici e i nostri amici a parlare con noi. Non intendiamo accettare di vederla diventare un sostituto di “Porta a porta”, e ci opporremo a questo con ogni forza. Esistono molti strumenti e trucchi per mandare spam, come ne esistono molti per fermarlo. In attesa che, con i suoi lunghi tempi, arrivi la legge a darci man forte, è poco probabile che utenti e provider stiano a guardare.

Leonardo Colinelli

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Pubblicato il
22 nov 2000
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