Ci sono molti modi per rendere i dischi a stato solido del futuro sempre più densi e sempre più parsimoniosi di energia. Tra i più promettenti sembra esserci la tecnologia messa a punto dall’ università giapponese di Keio , che sfrutta il fenomeno dell’ induzione elettromagnetica per far comunicare tra loro i chip di memoria non volatile.
Grazie a questa tecnica, sviluppata in collaborazione con l’ Università di Tokyo , i ricercatori giapponesi sono riusciti a costruire un SSD contenente 64 chip di memoria NAND flash collegati tra loro da appena 200 interconnessioni elettriche, contro le 1500 che sarebbero occorse normalmente. Come conseguenza, rispetto ad un SSD tradizionale l’area riservata ai circuiti di comunicazione si è ridotta di 40 volte, mentre i consumi energetici si sono dimezzati.
La tecnica utilizzata dagli scienziati giapponesi sostituisce la maggior parte delle interconnessioni fisiche con un sistema di comunicazione basato sull’ accoppiamento induttivo , che di fatto crea una sorta di canale dati wireless tra i chip di memoria. Questa stessa tecnologia può essere utilizzata anche per far comunicare le memorie flash con i rispettivi controller. “Le interconnessioni elettriche vengono usate esclusivamente per l’alimentazione, la massa e il controllo”, ha spiegato Tadahiro Kuroda, professore dell’università di Keio.
La comunicazione via accoppiamento induttivo non è certo una novità. Il vero passo avanti compiuto dai ricercatori giapponesi è stato quello di rendere tale mezzo di comunicazione immune alle interferenze, e dunque affidabile. Un traguardo raggiunto utilizzando speciali schermi e ripetitori di segnale.
L’attuale prototipo è stato costruito utilizzando una tecnologia di processo a 180 nanometri, contro i 60-40 nm utilizzati per la produzione degli odierni chip flash. Ora la sfida, per gli scienziati, sarà quella di riuscire ad applicare la propria tecnica anche a processi produttivi più spinti, così da renderla adatta per il mercato.