Gli esperti di bioingegneria della Stanford University si sono inventati un computer che funziona “ad acqua”, un sistema in grado di replicare (almeno in linea teorica) la stessa capacità di calcolo dei moderni processori composti da transistor al silicio.
In realtà, l’obiettivo dei ricercatori californiani era di ideare un modo per manipolare la materia fisica, che nel caso specifico è costituita da piccole gocce d’acqua “drogate” con nanoparticelle magnetiche; il circuito utilizza una serie di piccole barre di ferro a forma di “T” e “I”, sigillate in mezzo a due vetri assieme alle gocce d’acqua.
Inserendo il “computer” all’interno di un campo magnetico, dicono i ricercatori, è possibile manipolare la direzione del liquido magnetizzato replicando il funzionamento dei gate logici dei transistor di silicio; a una diversa disposizione delle barre di metallo corrisponde un’operazione logica diversa.
Stando a quanto sostiene Manu Prakash, assistente professore del reparto di bioingegneria dell’Università di Stanford, il meccanismo di manipolazione magnetica delle gocce d’acqua è notevolmente scalabile e offre potenzialità applicative in diversi ambiti: tra i primi, possibili impieghi del computer ad acqua vengono citati gli esami di laboratorio in chimica e biologia.
Alfonso Maruccia