Steve Jobs e il carteggio su porno e libertà

Steve Jobs e il carteggio su porno e libertà

Bacchettato da un editor di Valleywag per uno spot su iPad, il CEO della Mela si scatena. Apple salverebbe gli utenti dal furto di dati, dalle batterie esaurite e dai contenuti più pruriginosi del web
Bacchettato da un editor di Valleywag per uno spot su iPad, il CEO della Mela si scatena. Apple salverebbe gli utenti dal furto di dati, dalle batterie esaurite e dai contenuti più pruriginosi del web

Stava semplicemente facendo zapping, sorseggiando un cocktail Stinger . Ad un tratto, l’editorialista e blogger di Valleywag Ryan Tate si è imbattuto in un breve spot pubblicitario di iPad, il tanto chiacchierato tablet made in Cupertino . Uno spot che parlava di foto, video e libri impossibili da leggere in una sola vita. Per una rivoluzione già iniziata .

Uno spot bugiardo, almeno secondo l’indignato Ryan . E quindi, alle 9:34 della stessa sera, l’ editor di Valleywag ha fatto sapere al CEO Steve Jobs cosa pensasse davvero del messaggio pubblicitario della sua Apple. “Se Bob Dylan fosse giovane oggi – si può leggere nella mail spedita all’indirizzo privato di Jobs – cosa penserebbe della sua azienda?”.

Secondo Tate, il leggendario cantautore statunitense non riuscirebbe ad associare la parola iPad con la parola rivoluzione . Dal momento che “le rivoluzioni sono legate al concetto di libertà”. Poi, un breve silenzio, fino alle 12:52, solo 3 ore dopo. La risposta di Steve Jobs ha citato ancora Dylan, precisamente nel titolo di una sua celebre canzone: i tempi stanno cambiando.

“Si – ha risposto il CEO della Mela – la libertà da programmi che rubano i dati personali della gente. Dai programmi che uccidono la durata delle batterie. Libertà dalla pornografia . Sì, libertà”. Poco più di mezz’ora dopo, è giunta la risposta di Tate, che ha puntato il dito contro un presunto regime da parte di Apple nel decidere cosa includere nei suoi dispositivi mobile .

“E per quanto riguarda il porno – ha continuato Tate – io non voglio la libertà dalla pornografia. La pornografia va benissimo. E credo che mia moglie approverebbe”. Una dichiarazione respinta dallo stesso Jobs con un consiglio: “Dovrebbe stare attento alla pornografia, specialmente se lei ha bambini”.

E Tate ha controbattuto, in quello che si è presto trasformato in un infuocato carteggio elettronico. “PS: non sono un maniaco sessuale – ha spiegato il blogger – ma andiamo. Non credo che i miei figli saranno in pericolo se qualcuno in casa guarda una clip pornografica. Quello che so è che se qualcuno di loro avrà un iPad non potrà mai trovarci un solo contenuto pornografico”.

Ma questo per Jobs non avrebbe alcunché da spartire con il concetto di libertà, bensì col fatto che Apple faccia ciò che ritiene giusto per i suoi utenti . Parlando in generale, Jobs ha sottolineato come utenti, sviluppatori ed editori possano creare ciò che vogliono. “Non devono per forza sviluppare e pubblicare su iPad”.

Nelle due successive mail , il blogger di Valleywag – che sul sito della testata dedicata al gossip high-tech ha specificato come inizialmente Jobs non avesse afferrato minimamente l’identità del suo interlocutore – si è poi lasciato andare, paragonando la posizione attuale di Apple a quella di Microsoft che aveva imposto di scrivere per le API Win32 . La Mela avrebbe messo in atto – a dire di Tate – una sorta di vendetta personale nei confronti di Adobe , oltre a voler imporre “una moralità sul porno, sui segreti industriali, sull’integrità tecnologica nel senso più deviato del termine”. L’ editor non le ha mandate a dire a Jobs: “non mi piace che gli accalappiacani di Apple sfondino le porte dei miei colleghi di lavoro”.

Questo perché – come è noto – Valleywag fa parte del gruppo Gawker , proprietario anche della testata Gizmodo , al centro di quello che è stato chiamato anche iPhonegate . “Ti sbagli – ha risposto Jobs nella sua ultima missiva – nessuno ha sfondato alcuna porta. Ti fidi di blog malinformati”.

“E per quanto riguarda Microsoft – si può leggere infine – credo che abbiano tutto il diritto di imporre le regole che vogliono. Se alla gente non piace, possono scrivere per una diversa piattaforma o comprarne una diversa. Cosa che per altro sta succedendo. Per quello che ci riguarda, quel che stiamo cercando di fare è di creare e preservare l’esperienza utente che abbiamo immaginato”.

Mauro Vecchio

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Pubblicato il 17 mag 2010
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