Tecnocontrollo, il vizio nelle vecchie email

Tecnocontrollo, il vizio nelle vecchie email

Sentenza della Cassazione consente al datore di lavoro l'accesso alla corrispondenza elettronica dei suoi dipendenti in caso di violazione del rapporto di fiducia e tutela delle informazioni aziendali
Sentenza della Cassazione consente al datore di lavoro l'accesso alla corrispondenza elettronica dei suoi dipendenti in caso di violazione del rapporto di fiducia e tutela delle informazioni aziendali

Il controllo della posta elettronica e degli accessi ad Internet da parte del datore di lavoro sono, in linea generale, vietati in Italia. A meno di situazioni e sospetti particolari: a stabilirlo è la sentenza 2722/2012 della Corte di Cassazione.

Il caso per cui è stata emessa questa decisione riguarda fatti risalenti al 2004 ed è conseguente ad un licenziamento “per giusta causa” legato al reato di insider trading : secondo il datore di lavoro il dipendente, un quadro direttivo della Banca Bipop-Carire spa addetto all’ufficio Advisory center aveva divulgato via email a soggetti terzi notizie riservate riguardati un cliente dell’Istituto favorendone operazioni finanziarie “da cui aveva tratto un vantaggio personale”.

Dal momento che la Corte di appello aveva confermato la sentenza di primo grado rilevando la violazione dell’obbligo di segretezza e correttezza professionale previsti dall’ articolo 2104 del codice civile , dal regolamento interno e dal codice deontologico, il dipendente licenziato aveva deciso di ricorrere in Cassazione appellandosi alle violazioni da parte del datore di lavoro delle garanzie dello Statuto dei lavoratori sui limiti nei controlli tecnologici sui dipendenti, in particolare per quanto riguarda l’accesso a navigazione Internet e account email.

Secondo la Corte Suprema, tuttavia, l’accesso e il controllo effettuato da parte della banca alle sue email attraverso le strutture informatiche aziendali era conseguente alla necessità di “accertare la perpetrazione di eventuali comportamenti illeciti (poi effettivamente riscontrati)” e non rappresentava una “pura e semplice sorveglianza sull’esecuzione della prestazione”.

Secondo la Cassazione il controllo è stato infatti compiuto ex post, “dopo l’attuazione del comportamento imputato al dipendente, quando erano emersi elementi di fatto tali da avviare un’indagine retrospettiva” conseguente ad “una condotta attuata in violazione degli obblighi fondamentali di fedeltà e riservatezza e postasi in contrasto con l’interesse del datore”.

In questo modo la Cassazione non sembra andare contro la normativa generale che tutela i lavoratori dal controllo a distanza a mezzo tecnologico, ma conferma la giurisprudenza secondo cui il datore di lavoro mantiene tale possibilità di accesso alle email e alla navigazione del dipendente in caso di necessità d verifica di condotte illecite e di tutela delle informazioni aziendali .

Claudio Tamburrino

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Pubblicato il 24 feb 2012
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