Un provvedimento che ordini ad un fornitore di accesso ad Internet di predisporre un sistema di filtraggio e blocco delle comunicazioni elettroniche per tutelare i diritti di proprietà intellettuale andrebbe a ledere, in linea di principio, le tutele previste dalla Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea .
Questa la conclusione dell’avvocato generale Cruz Villalón, recentemente intervenuto per proporre la sua soluzione giuridica nell’intricato caso che da circa sette anni oppone i vertici di SABAM – corrispettivo belga di SIAE – ai rappresentanti del provider Scarlet Extendend (ex-Tiscali).
Una visione che non vincolerà i giudici della Corte di Giustizia d’Europa, che inizieranno adesso a deliberare in vista di una sentenza che verrà pronunciata in una data successiva. Sarebbe il definitivo epilogo di una battaglia estenuante, iniziata nel 2004 con l’ISP accusato di aver tratto vantaggio dai comportamenti illegali degli utenti .
Scarlet era successivamente stato obbligato a bloccare l’accesso ai file scambiati illegalmente dai propri utenti. La soluzione tecnica da implementare sarebbe stata Audible Magic , una delle preferite dalle major di tutta Europa. Ma gli stessi rappresentanti di SABAM avevano in seguito ammesso la non sufficiente efficacia dello stesso meccanismo. Un tribunale di Bruxelles aveva dunque bloccato il pagamento di una maxi-multa da 750mila euro .
Villalón ha ora sottolineato come la predisposizione di un tale sistema di filtraggio e blocco si risolva in una limitazione del diritto al rispetto del segreto delle comunicazioni e del diritto alla protezione dei dati personali , tutelati dalla Carta dei diritti fondamentali. L’applicazione di un tale sistema limiterebbe inoltre anche la libertà d’informazione .
Secondo l’avvocato generale, una limitazione dei diritti e delle libertà dei netizen come quella oggetto della causa sarebbe ammissibile solo se si basasse su un fondamento normativo nazionale accessibile, chiaro e prevedibile . Gli obblighi di blocco imposti all’ISP non sarebbero stati previsti in modo chiaro e preciso nella disposizione di legge belga in questione.
Di conseguenza, Villalón ha proposto alla Corte di Giustizia di dichiarare che il diritto dell’Unione vieta ad un giudice nazionale di emanare un provvedimento che ordini ad un ISP di predisporre – in abstracto ed esclusivamente a spese di tale fornitore – un sistema di filtraggio di tutte le comunicazioni elettroniche che transitano per i suoi servizi, in particolare mediante l’impiego di software P2P.
Mauro Vecchio