A due anni di distanza dall’ inizio della consultazione pubblica, seguita da un lungo dibattito in cui sono stati coinvolti esperti del settore, aziende e rappresentanti dei consumatori, la Commissione Europea ha diffuso la prima bozza per la creazione di una direttiva comunitaria in materia di RFID e invitato nuovamente i cittadini del Vecchio Continente a offrire la propria opinione sull’argomento. Nel documento prevale l’aspetto cautelativo riguardo la tecnologia dei tag a radiofrequenza, volto ad armonizzare questa regolamentazione con quella preesistente sulla privacy .
Secondo quanto si legge nell’articolo 7 della proposta, la Commissione intenderebbe suggerire la disattivazione di tutti gli RFID all’atto dell’acquisto , qualora la loro presenza possa essere collegabile all’identità dell’acquirente. Solo in presenza di esplicita richiesta del cliente sarebbe possibile mantenere attivo il transponder, secondo una politica di opt-in .
Si tratterebbe dunque di una norma che consente all’individuo di tutelare la propria privacy: un prodotto, come i presidi medici, se ricondotto all’identità dell’acquirente potrebbe attentarne la riservatezza, ed occorrerebbe dunque prevedere la disattivazione di ogni strumento di tracciabilità. Un punto, questo, contestato dalle associazioni dei produttori di tecnologia RFID .
“Si tratta di una norma che genera confusione, poiché non chiarisce alcuni casi specifici” ha sentenziato Elizabeth Board, rappresentante di EPCglobal : “Cosa accadrebbe nel caso in cui si paghi con la carta di credito? Il tag (RFID, ndr) potrebbe non contenere informazioni personali, ma il venditore potrebbe associare il numero del pagamento con l’oggetto”. Cosa fare in questi casi? “È uno dei temi che chiederemo alla Commissione di chiarire” ha concluso Board.
Secondo i produttori, inoltre, nel documento attuale mancherebbero importanti distinzioni tra RFID permanenti e temporanei : nella seconda categoria ricadono tutti quelli che sono presenti solo sulla confezione del prodotto, e che vengono dunque rimossi all’atto dell’apertura e consumazione del bene. Ma tutti gli altri, quelli integrati nei prodotti stessi, potrebbero essere utili al loro corretto utilizzo e al miglioramento dell’assistenza post-vendita.
Oggi, spiega Santucci, l’utilizzo di RFID nei prodotti in vendita al dettaglio è comunque tutto sommato limitato nell’area dei 27 paesi che formano la UE. La Commissione, che si augura di riuscire a far entrare in vigore questa norma prima dell’estate, ha comunque messo nero su bianco l’intenzione di rivedere i termini del regolamento a tre anni dalla sua entrata in vigore .
Per allora, le aziende finanziate dalla stessa UE avranno senz’altro realizzato una nuova generazione di RFID disattivabili e riattivabili a piacere, modificando sensibilmente il quadro tecnologico a contorno. Ma la privacy, ora come nel 2011, quella no: non si tocca.
Luca Annunziata