I gestori di The Pirate Bay avrebbero incitato gli utenti a condividere contenuti musicali in chiara violazione del copyright . Gli stessi abitanti della Baia sarebbero continuamente dediti alle attività di caricamento e scaricamento delle opere soniche di proprietà dell’industria discografica britannica. Gli operatori dell’ex-tracker BitTorrent troverebbero i più succulenti profitti proprio in questi scambi selvaggi.
Sono le premesse da cui è partito il giudice Arnold presso l’Alta Corte di Londra. I responsabili di The Pirate Bay – insieme agli utenti – sarebbero colpevoli di aver violato ripetutamente il copyright dell’industria musicale d’Albione. Dando quindi ragione ai legali della British Recorded Music Industry (BPI), in rappresentanza di major come EMI, Sony e Polydor.
Le major del disco avevano chiesto al giudice di ordinare una specifica ingiunzione in base alla Sezione 97A della legge nota come Copyright, Designs and Patents Act (CDPA). Ovvero un’ordinanza per obbligare i principali provider del paese a bloccare tutti gli accessi alla Baia . Una misura fattibile se provata la “consapevolezza” da parte dei gestori dell’ex-tracker nelle condivisioni illecite dei contenuti.
E il giudice Arnold ha ora sottolineato come gestori e utenti di The Pirate Bay abbiano condiviso contenuti musicali a mezzo elettronico, in particolare mettendoli al servizio del vasto pubblico in maniera del tutto libera e gratuita . Due fattori che hanno inchiodato la Baia per violazione massiva del diritto d’autore. I responsabili della piattaforma non avrebbero il semplice compito di assistenza o comunque un ruolo neutrale.
Alla decisione dell’Alta Corte farà seguito una vera e propria sentenza prevista per il prossimo giugno. ISP come BT, Sky e TalkTalk potrebbero così essere obbligati a filtrare tutti gli accessi alla Baia . Il primo provider era già stato costretto ad oscurare il sito di indexing Newzbin 2. I responsabili della piattaforma avevano poi rilasciato una tecnologia per l’aggiramento dei blocchi.
Mauro Vecchio