Roma – Non illudiamoci. In prospettiva non c’è modo per un giocatore di scacchi persino della levatura di un campione del mondo di far fronte alle capacità di una macchina animata da potente hardware e sempre più sofisticato software. A confermare che il conflitto uomo-macchina nell’emblematico mondo degli scacchi è già segnato a favore di quest’ultima è il pareggio ottenuto dal sistemone hi-tech Deep Fritz con il campione del mondo in carica, il giovane Vladimir Kramnik.
Kramnik è colui che a sorpresa ha spodestato tra i big del gioco Garry Kasparov, considerato tra i più geniali giocatori della storia. Eppure Kramnik è colui che in otto partite disputate nel match appena concluso definito Brains of Bahrain non è riuscito a far di meglio che pareggiare. Punteggio pari perché Deep Fritz nelle ultime quattro partite ha pattato due volte e vinto in altre due occasioni, riconquistando così i punti perduti nelle prime partite. Una nuova sorpresa.
Il match di Kramnik era proposto come la possibile rivincita del genere umano contro lo strapotere delle macchine, quelle macchine, come Deep Blue della IBM, che dal ’97 in poi iniziarono ad imporsi proprio nel gioco degli scacchi, in primis proprio contro Garry Kasparov (vedi foto in questa pagina). Ma una patta ottenuta perdendo gli ultimi incontri con un Deep Fritz capace di imparare dai propri errori non è un pareggio, è una disfatta. Kramnik avrebbe dovuto vincere di misura per consentire a tutti noi di illuderci che l’infausta sconfitta del grande Kasparov fosse dovuta ad un caso e non ad un destino già segnato.
Per spiegare quanto avvenuto, tra le altre cose, il campione del mondo di scacchi ha sottolineato che Deep Fritz gode di un vantaggio di cui non godrebbe un avversario umano: la capacità di sottrarsi a qualsiasi forma di pressione psicologica. E’ senz’altro vero. Ma quel che non dice è che questa è una significativa ammissione di inferiorità dinanzi all’aliena freddezza di una macchina, implacabile nella sua stessa definizione.
In una interessante intervista pubblicata prima del match dal produttore di Deep Fritz, ChessBase, Kramnik sostiene non solo che il suo competitor informatico gioca come un umano ma anche ammette che perdere contro un computer brucia molto più che perdere contro uno scacchista in carne e ossa. Non sappiamo quello che provò Kasparov all’epoca della sconfitta contro Deep Blue ma siamo certi di quanto oggi prova Kramnik: la stessa sensazione di un condannato a cui viene miracolosamente rinviata l’esecuzione.