Un acceleratore cervello-macchina

Un acceleratore cervello-macchina

Un nuovo strumento che associa cervello umano e computer è studiato per consentire l'elaborazione di immagini ad una velocità di dieci volte superiore a quanto avviene normalmente. Il Pentagono si interessa e finanzia
Un nuovo strumento che associa cervello umano e computer è studiato per consentire l'elaborazione di immagini ad una velocità di dieci volte superiore a quanto avviene normalmente. Il Pentagono si interessa e finanzia

Update di correzione, ore 12 – Washington – I cervelloni della Columbia University , capitanati dal professor Paul Sajda, stanno portando a termine il progetto di un dispositivo che, se si rivelerà efficace, permetterà di coniugare le capacità dell’apparato cerebrale umano con uno speciale sistema informatico.

L’idea, come riporta Wired , è di registrare su supporto informatico ogni immagine “captata” dal cervello anche in rapidissima successione, con numerose possibili applicazioni soprattutto nell’ambito della sicurezza.

L’iniziativa ha suscitato l’attenzione della DARPA : l’agenzia di ricerca del Pentagono ha stanziato pochi mesi fa 758mila dollari per garantire i costi di almeno un altro anno di ricerche e sperimentazioni.

Al Pentagono sono convinti che la realizzazione di questo progetto renderebbe più semplice il lavoro degli agenti federali, che potrebbero individuare più facilmente sospetti o presunti terroristi “scandagliando” le immagini registrate in questo modo.

Il sistema C3 Vision, questa la denominazione ufficiale dell’apparato, secondo Sajda non ha eguali poiché attualmente, per precisione e affidabilità, nessun’altro sistema di computer vision è in grado di interfacciarsi direttamente con l’uomo. Entro pochi mesi Sajda e i suoi dovranno dimostrare alla DARPA l’efficienza del proprio progetto.

Secondo Steve Gordon, docente del Babson College nel Massachussets, C3 Vision porterà dei grandi vantaggi che consisteranno principalmente nel decuplicare l’attività di monitoraggio degli addetti alla sicurezza, sia che si trovino in aeroporti o in altre zone potenzialmente esposte al rischio di attentati.

Giorgio Pontico

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Pubblicato il 14 lug 2006
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