USA, i games si battono per sopravvivere

USA, i games si battono per sopravvivere

Si va acuendo lo scontro tra i censori, preoccupati per l'aumento progressivo e diffuso della violenza e per l'educazione dei più giocani, e i creativi, appoggiati da schiere di fan e di utenti, convinti della bontà del proprio lavoro
Si va acuendo lo scontro tra i censori, preoccupati per l'aumento progressivo e diffuso della violenza e per l'educazione dei più giocani, e i creativi, appoggiati da schiere di fan e di utenti, convinti della bontà del proprio lavoro


Roma – “Costruttori e produttori attenti, rischiate di ritrovarvi con leggi che vi toglieranno importanti quote di mercato se non arrivate al più presto ad una autoregolamentazione”: questo il messaggio che nei giorni scorsi il Senato americano ha deciso di inviare all’industria dello spettacolo. Una sorta di warning, di ultimo appello, arrivato sull’onda di una crescente diffidenza di larga parte dei media americani verso tutto ciò che porta all’estremo sesso e violenza, sia esso nel cinema, negli show televisivi, nei videogiochi.

Per i videogames questa non è una battaglia nuova, anzi è vecchissima, meno vecchia solo di quella che iniziarono sullo stesso fronte i fumetti. Nell’epoca pre-elettronica di massa, infatti, a suscitare scandalo e a preoccupare era la preistoria dello splatter, del gore, della sessualità esplicita, nei fumetti o tra i primi fotografi di nudo.

Oggi ad essere presi di mira sono i film ma soprattutto i videogiochi. E questo perché per i film, negli USA, esiste una consolidata tradizione di censura a vari livelli, chiamata “rating” (classificazione), che pone un bollino diverso su ogni produzione (si va dal “solo per adulti” ad “anche per bambini ma solo se accompagnati”). Per i games, invece, persino negli States sono meno attrezzati, quasi come qui da noi in Italia, e le azioni di censura e di sequestro accadono di rado, in genere finendo in grande evidenza su tutti i media. Esiste un rating per i games, esistono commissioni di valutazione ma non esiste una giurisprudenza consolidata che “metta all’angolo” produzioni che in molti considerano “eccessive” se non addirittura “pericolose”.

Il severo appello dei senatori non è dunque che l’ultimo atto di una lunga diatriba che vede dall’altra parte della barricata, in quasi tutti i casi, i “creativi”, ovvero gli ideatori e realizzatori di certe produzioni, spesso sostenuti da vaste schiere di ammiratori e fruitori. All’accusa di sconcezza, perversione e incitamento a delinquere e alla violenza, il fronte anti-censura risponde invocando la libertà di espressione, la maturità delle persone, le problematiche socio-psicologiche che una censura cieca rischia di mettere da parte e considerare risolte.

Difficile dire come andrà a finire ma è ormai chiaro a tutti che si sta per arrivare ad una resa dei conti. Lo dimostra il fatto che in piena campagna elettorale per le presidenziali americane, i manager di quasi tutte le grandi corporation dello spettacolo vanno disertando i meeting e gli incontri nei quali il problema possa emergere con flagrante imbarazzo. Sono arrivati addirittura a disertare in blocco la convocazione del Senato che vuole indagare sul possibile rapporto tra violenza nei videogiochi o nei film e violenza “reale”. Ora è arrivato il warning ufficiale dei senatori. Il prossimo passo, probabilmente, lo deciderà il futuro presidente degli Stati Uniti. E non è difficile credere che sarà una decisione destinata a pesare non solo sulle produzioni americane…

Alberigo Massucci

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Pubblicato il 15 set 2000
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