USA, lecito spiare nell'email

USA, lecito spiare nell'email

Clamorosa sentenza di un tribunale statunitense, secondo cui se i provider si leggono la posta dei loro abbonati non commettono alcuna violazione. C'è fermento
Clamorosa sentenza di un tribunale statunitense, secondo cui se i provider si leggono la posta dei loro abbonati non commettono alcuna violazione. C'è fermento


Washington (USA) – Per qualche minuto, ora o giorno le email degli utenti Internet risiedono sui server dei propri provider. Questo è sufficiente per consentire agli ISP di leggersi la posta dei propri abbonati senza commettere alcuna violazione. Almeno negli USA.

A stabilirlo è una Corte d’Appello del Massachussets che, giudicando un caso “chiave”, ha sentenziato che non si può invocare il segreto epistolare né le normative sull’intercettazione delle comunicazioni nel caso in cui un dipendente di un provider si metta a curiosare nell’email degli abbonati o se un ISP copia tutta la posta in arrivo .

Il caso è quello di una piccola società, Interloc, che forniva servizi email ai propri clienti e che è stata accusata di intercettazione illecita perché aveva chiesto ai propri ingegneri di fare una copia di tutta la posta che Amazon.com inviava agli abbonati. E questo perché anche Interloc vendeva libri, proprio come Amazon.

L’accusa formulata nel 1998 era pesante, perché quella di Interloc era una mossa che aveva portato all’ archiviazione di migliaia di messaggi provenienti da terzi e destinati a terzi. Ma in appello gli avvocati dell’azienda, che oggi fa parte di una società più importante in California, sono riusciti a convincere i giudici che non si tratta di un comportamento illegale in quanto le copie non sono abusive, perché non sono altro che la duplicazione di file conservati dai server dell’azienda.

Va detto che una decisione di questa portata, destinata ad avere importanti effetti sulla rete, non è stata presa all’unanimità dal collegio dei tre magistrati giudicanti. Il giudice che ha votato contro ha infatti affermato che, a suo parere, la sentenza non accoglie come dovrebbe le attuali normative sulle intercettazioni e rappresenta un precedente particolarmente insidioso. Preoccupati dalla sentenza si sono detti a caldo anche i rappresentanti delle associazioni che difendono le libertà digitali. I maggiori provider, da parte loro, si sono affrettati a dichiarare che non ci pensano proprio a monitorare o duplicare la posta dei propri abbonati.

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Pubblicato il
2 lug 2004
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