Roma – L’oscuramento di un sito web, sebbene sia anche in Italia un fatto che avviene con una certa frequenza, rappresenta una bruttissima notizia: da Aosta arriva ora la segnalazione che la Procura della Repubblica ha incaricato la Polizia Postale di sequestrare alcuni siti web.
Secondo gli inquirenti, infatti, i siti ospitavano materiale protetto concesso in esclusiva ad una terza parte che ha sporto denuncia ritenendo violati i propri diritti di proprietà intellettuale.
Nella notifica di sequestro dei siti aostashop , turismovda e aostafiere si legge che “nessun dubbio può sussistere (…) in quanto si trattava di opere protette e concesse in utilizzo al solo querelante, opere che sono state riprodotte senza alcuna autorizzazione”.
La necessità di ricorrere al sequestro viene spiegata come “indispensabile a fini probatori per la conservazione del materiale. In assenza di vincolo, infatti, le opere potrebbero agevolmente essere sottratte o occultate e, di conseguenza, non potrebbero essere posti in essere tutti gli atti necessari per accertare le complete modalità dei fatti”.
I gestori dei siti sequestrati ritengono il provvedimento “inspiegabile” – come scrivono in una lettera a Punto Informatico – ricordando che si tratta di una questione vecchia e che “le pagine e i file incriminati non sono più presenti in nessun portale oggi oscurato”.
A loro parere, invece, oscurando il portale commerciale aostashop.com “si crea un gravissimo danno all’economia aziendale e al sostentamento dei nostri progetti editoriali”. “Non sappiamo – continuano – cosa si sia voluto colpire e non riusciamo a comprendere l’utilità probatoria del provvedimento. Una sola certezza abbiamo, noi quotidianamente lavoriamo per informare e offrire ai naviganti l’immagine di una Valle d’Aosta che vive cresce e produce. Da oggi non ci sentiamo più protetti da un diritto che in questo momento ci è oscuro e ci fa paura”.
“Se vi erano delle pagine “incriminate” – continua la lettera – potevano essere sequestrate le singole pagine web. Oppure si poteva fare una copia dell’intero sito e le prove, eventualmente, erano lì registrate. Ma allora perché oscurare una voce libera e un’azienda che vive di pubblicità? Noi continueremo ad andare avanti, difendendo il nostro diritto ad esistere e ad informare”.