Roma – Ieri i senatori verdi Stefano Semenzato e Maurizio Pieroni hanno presentato un disegno di legge per modificare l’attuale legge sul diritto d’autore, un progetto intitolato: “Tutela dell’uso personale e senza fine di lucro nella riproduzione di software, libri di testo e brani musicali. Modifiche alla legge 248/2000 sul diritto d’autore”.
I due senatori hanno ribadito che la duplicazione di contenuti o programmi senza fini di lucro è garantita dalla legge attuale e che il reato “scatta” al superamento delle 50 copie. Per “sottolineare” questa affermazione, alla conferenza stampa di presentazione del disegno di legge, è stato consegnato ai presenti un CD realizzato con brani musicali scaricati via Napster.
“Vogliamo così sottolineare – hanno detto i due senatori – che l’offensiva lanciata in questi mesi da case discografiche e produttori di software tendente a criminalizzare l’uso senza fini di lucro del materiale è ingannevole e fuorviante. In particolare temiamo che l’eccessiva richiesta, da parte delle aziende, di atteggiamenti protezionistici sui materiali digitali produca alla fine misure di restringimento delle libertà in Internet”.
Queste le modifiche chieste alla legge 248/2000:
1. abolizione del limite del 15% nella riproduzione di libri cancellando anche la farraginosa procedura mirante ad impedire l’uso delle fotocopiatrici;
2. sostituzione della dizione “per trarre profitto” con quella “con scopi di lucro” che esclude, esplicitamente l’uso personale dall’ambito dei reati;
3. all’articolo 16 della nuova legge si escludono esplicitamente le sanzioni per l’uso personale al fine di evitare che venga considerato reato anche l’uso casalingo del videoregistratore o del masterizzatore.
Affermano i presentatori del disegno di legge: “La necessità di queste modifiche deriva dal fatto che le nuove norme di tutela del diritto d’autore, divenute legge lo scorso 18 agosto, si prestano purtroppo ad interpretazioni discordanti quando si tratta di copie per uso personale e senza fini di lucro. Il rischio è di produrre effetti, forse non previsti dal legislatore, ma certamente perseguiti dalle potenti lobby dei produttori di software, delle case discografiche e degli editori”.