Web 2.0, la caccia ora è alle imprese

Web 2.0, la caccia ora è alle imprese

Mentre Ning si rilancia dopo tre anni con nuova flessibilità e andando a caccia di nuove comunità, big come Cisco pongono le basi per tentare una via in apparenza tutta in salita: coniugare l'openness del web 2.0 con le strategie aziendali
Mentre Ning si rilancia dopo tre anni con nuova flessibilità e andando a caccia di nuove comunità, big come Cisco pongono le basi per tentare una via in apparenza tutta in salita: coniugare l'openness del web 2.0 con le strategie aziendali

In una Rete fatta sempre più di user generated content , grazie alla semplicità di strumenti per scrivere il Web , è tornata alla ribalta Ning , “metapiattaforma” che offre la possibilità di gestire le proprie user generated platform , da popolare di comunità e da organizzare con strumenti duepuntozero .

Non è una novità, Ning, ma colpisce il suo restyling. Nel 2004, quando è nata da una intuizione di Marc Andreessen (notissimo fondatore di Netscape), si definiva “un servizio online gratuito per creare social application , applicazioni che consentono alle persone di incontrarsi e intrattenersi”, mentre oggi punta tutto su flessibilità e auto-produzione .

Come mostrano i suoi dirigenti in un video , offre spazi per il mashup, da riempire con box di testo e blog, video e forum. Tutto personalizzabile, agendo su template preimpostati con strumenti semplici che nascondono il codice, o reinventando il tutto da zero, per gli utenti più esperti.

Il cambiamento rispetto agli scorsi anni? Innanzitutto la semplicità e l’accessibilità offerta anche agli utenti meno esperti. È possibile infatti incastrare blog e video come fossero mattoncini , riempiendo il layout della pagina e personalizzando il tutto, senza dover scrivere né vedere alcuna riga di codice. Negli scorsi anni, invece, i mattoni modulari con i quali costruire la propria comunità erano meno vari, e minori erano le possibilità di personalizzazione. Risultati apprezzabili erano garantiti solo ai più competenti, a coloro che, accogliendo l’invito di Ning, fossero stati in grado di attingere alle creazioni altrui e di reinventarle.

Per queste barriere all’ingresso, Techcrunch aveva definito Ning “un servizio senza sbocchi”. Ma se con la svolta verso la semplicità del nuovo servizio Techcrunch si è dovuto ricredere , qualcuno , nella blogosfera, afferma che il nuovo atteggiamento di Ning ha tradito il suo spirito “open”, scoraggiando, con la sua cassetta di attrezzi, la logica del riuso del codice generato dagli utenti.

Cinque milioni di utenti ogni mese, venti milioni di pagine, oltre trentamila comunità , questo il patrimonio sociale di Ning. “Immaginiamo un mondo in cui ci siano milioni di reti sociali per ogni interesse di nicchia, per ogni bisogno, per ogni luogo e gruppo”, dichiara il CEO Giulia Bianchini a Information Week . “Ma se nessuno partecipa alla social network che hai creato, tu esisti?”, replica Donna Bogatin di ZDNet . “I siti di social networking richiedono partecipazione da parte degli utenti”, prosegue sulla stessa linea un altro blogger , ponendosi il problema di un mercato ormai saturo .

Saturo sul fronte consumer, forse, ma sul fronte delle imprese? L’ utenza business dimostra sempre più di voler iniziare a comunicare con voce umana all’interno dell’azienda e aprirsi all’esterno, segnala in un post The Workplace , blog che si occupa di comunicazione aziendale.

Un’intuizione che sembra essere condivisa anche da Cisco che, all’inizio di febbraio, ha acquisito Five Across , società che fornisce strumenti per creare social network, e che ora, segnala New York Times , ha acquisito la tecnologia di Tribe.net , una piattaforma di social network ormai in decadenza. L’obiettivo? Si mormora sia lo stesso perseguito da Ning, in versione corporate. Cisco pare si stia muovendo per fornire alle grandi aziende lo spazio e gli strumenti per creare social network incentrate sui loro prodotti o servizi. Che Cisco voglia intraprendere questa strada lo sembra dimostrare anche Cisco Expo 2007 , che si terrà a Milano e che al centro pone il Web 2.0.

Om Malik sul suo blog obietta però che le aziende con cui Cisco si relaziona abitualmente sono rigide, formali e ricchissime corporation , operatori del mondo delle telecomunicazioni: quanto di più contrastante ci sia con la freschezza e l’informalità delle social network, dei cui modelli di business, tra l’altro, ancora si discute. Un’accoppiata forse troppo assortita. Accoppiate altrettanto inaspettate, però, stanno sorgendo tra social network e mondo della politica, lo segnala proprio TechCrunch citando il caso di MyBarackObama una sorta di Ning offerto dall’aspirante presidente degli USA. Lo stesso vale per il mondo della stampa, con Reuters che, segnala The Guardian , intende creare una social network per connettere il mondo della finanza.

Un’altra prospettiva, che possa spiegare la strategia di Cisco? New York Times specula con lungimiranza: Cisco potrebbe voler costruire un ponte tra le media company tradizionali e la Rete, creando le basi per una convergenza. Prossimamente su questi schermi?

Gaia Bottà

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Pubblicato il
5 mar 2007
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