Web Theatre/ Star in crisi per le Presidenziali?

Web Theatre/ Star in crisi per le Presidenziali?

di Gabriele Niola - Le celebrità rischiano di farsi sommergere dalla mole di video generata dai netizen. C'è chi aguzza la creatività. E chi si limita a interpretare i format di successo
di Gabriele Niola - Le celebrità rischiano di farsi sommergere dalla mole di video generata dai netizen. C'è chi aguzza la creatività. E chi si limita a interpretare i format di successo

Le elezioni presidenziali americane di quest’anno sono le prime ad essere giocate anche attraverso la comunicazione in rete e quindi le prime a consentire la mobilitazione degli utenti oltre a quella classica delle star. Una mobilitazione dell’utenza che, al pari di quella dei testimonial più noti, è solitamente a favore del partito democratico, storicamente più vicino ad Hollywood e all’area creativo/artistica, quindi dotato di un appeal maggiore. Partecipare o addirittura fare un video per il partito democratico non è solo una promozione ma soprattutto un modo per riflettere su se stessi quei valori positivi legati all’impegno orientato a sinistra.

La rete è stata invasa di video satirici, professionali e non, che hanno preso di mira Sarah Palin o le gaffe di John McCain al pari di video che hanno esaltato la personalità e i discorsi di Barack Obama, giocando sicuramente una parte importante nel consenso di quest’ultimo. Accade però che se ognuno può fare il proprio video pro-Obama o anti-McCain, quei video con testimonial importanti perdano di valore (oltre a perdersi materialmente nella generale confusione della rete). È accaduto a P. Diddy con Sarah Palin Scares Me , a Matt Damon con il suo monologo/intervista o a Sarah Silverman con il video rivolto agli ebrei . Si svilisce il valore dell’essere testimonial assieme all’unicità della mossa, a meno che questo non sia fatto con un grado non comune di tecnica, professionalità, qualità e creatività.

Dunque se il supporto alla campagna di Obama diventa di colpo scontato e alla portata di tutti (quindi usurato nelle sue forme e nei suoi slogan) si può prendere il format vincente del gruppo di artisti (attori, cantanti, presentatori, comici ecc.) che si dividono un video unico inaugurato da Yes We Can e trasferirlo alla campagna per la registrazione al voto, un classico del pre-elezione statunitense. Si tratta di una campagna dal valore civico ancora superiore rispetto a quella per uno dei due candidati, perché (teoricamente) super partes e (sempre in teoria) non contaminata da interessi particolari.

È quello che ha fatto per primo Leonardo DiCaprio assieme al solito gruppo di amici illustri. Nel suo video 5 Friends ci sono 7 premi Oscar e un’altra valanga di volti noti anche dalla televisione, molti più del video Yes We Can e molto più interessanti (per fama, riconoscibilità, target di riferimento e ammirazione popolare) di un altro video uscito pochissimo tempo dopo denominato You Vote , incentrato sul medesimo argomento e allo stesso modo organizzato sul gruppo di star che dialogano con lo spettatore/utente.

La cosa più interessante è come la concorrenza con la massa di utenti costringa quelle che dovrebbero essere le menti creative ad essere davvero creative . Così non solo i video per la campagna di registrazione sono efficaci (in particolare 5 Friends) e ben realizzati, ma riescono anche nel duplice intento di spingere al voto e spingere a votare Obama, perché quei volti coinvolti sono in gran parte i medesimi che da altre parti si spendono per le campagne democratiche, sono vestiti come tipici elettori democratici, ne hanno l’atteggiamento e l’appeal.

All’epoca delle primarie, quando il leader dei Black, Eyed Peas assieme a Jesse Dylan era riuscito a mettere insieme quel gruppo di volti noti per il video di Yes We Can, in molti proprio in America avevano però sostenuto che il video e la canzone sarebbero stati un boomerang per il candidato di colore. Troppo scontati, troppo esaltati e troppo poetici. Sui contenuti politici e di promozione non si può avere un effettivo riscontro in termini di influenza (almeno al momento), ma con l’avvicinarsi delle elezioni vere e proprie si sta dimostrando invece che quella forma inaugurata da Yes We Can è quella che funziona meglio e che può ridare lustro e senso alla presenza dei testimonial famosi . L’eco in rete c’è stata e così il riflesso d’immagine su chi vi prese parte, cosa dimostrata dal fatto che le due campagne per la registrazione delle settimane scorse contano nomi molto più grossi. Nessuno è voluto mancare.

La crisi di potenzialità del volto noto è una dinamica tipica della rete, che tocca anche la questione dei video virali . La distribuzione digitale di qualsiasi tipologia di contenuto, essendo accessibile a tutti, mette in concorrenza l’uomo della strada con l’artista affermato e nonostante il secondo abbia a disposizione esperienza, fondi, materiale tecnico e consulenze migliori, tra i milioni di utenti c’è sempre qualcuno baciato da un’idea formidabile. E proprio le idee sono la materia principale e il metro di valore assoluto: quando ne salta fuori una che non è praticabile da nessuno, se non da personaggi famosi, diventa subito un format e l’adesione in massa dei volti noti (che accade anche con Ìm Fucking Matt Damon e il seguito con più star Ìm Fucking Ben Affleck ) ne è la dimostrazione più evidente.

YES WE CAN (supporto a Barack Obama per le primarie democratiche)

5 FRIENDS (promozione della registrazione al voto per le presidenziali)

YOU VOTE (promozione della registrazione al voto per le presidenziali)

Gabriele Niola
Il blog di G.N.

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Pubblicato il
24 ott 2008
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