Webcam, alibi di disinformazione

Webcam, alibi di disinformazione

La stampa cartacea inciampa sulle Spycam. Disinformazione, errori, dati sballati, invenzioni ridicole. Errare è umano, perseverare è tipico solo di alcuni..
La stampa cartacea inciampa sulle Spycam. Disinformazione, errori, dati sballati, invenzioni ridicole. Errare è umano, perseverare è tipico solo di alcuni..


Roma – Innanzitutto due chiarimenti doverosi:
1. una Webcam non è “una microtelecamera nascosta” come pare voglia far credere l’Ansa nei suoi ultimi “lanci”. Una Webcam è l’interessante prodotto di industrie tecnologiche multinazionali affermate (Creative, Philips, etc) che viene venduto alla luce del sole, ed è presente nel catalogo di tutti i punti vendita di prodotti informatici;
2. un sito che trasmette immagini di una strada pedonale non lo fa per eccitare perversi guardoni. Se così fosse anche il Sindaco di Roma Francesco Rutelli dovrebbe preoccuparsi, dato che inaugurò in pompa magna un sito che trasmette dal suo terrazzo sul Web le immagini del Foro Romano pieno di turisti ignari.

Chiarimenti doverosi a causa di quello che si è letto negli ultimi giorni sulla stampa italiana. Veri e propri deliri gratuiti, anzi a pagamento. Nel senso che c’è chi paga la fantasia di redattori in grado, con quattro colpi di penna, di inventarsi dati, per creare, dal nulla, un caso. Alla fonte, come spesso accade, c’è una Ansa imprecisa che lancia l’amo e tutti abboccano. Ecco che un indirizzo email errato non viene neanche controllato, che un dato tecnico palesemente falso viene dato per buono…

I fatti: qualche settimana fa una coppia romana scopre sul Web delle foto “intime”, probabilmente catturate a loro insaputa in un albergo milanese. Scattano i controlli e viene incriminato un gestore di un cinema di Colleferro (Roma) colpevole di aver installato delle telecamere all’ingresso del suo cinema a scopo pubblicitario. Non è folle tutto ciò? Ci sarà qualche collegamento tra le due vicende? Esaminiamo il mostro che ha creato la stampa.

Ansa :
“Navigando su Internet ed entrando su un sito non a luci rosse, una donna che vive a Roma si è riconosciuta in una immagine grande come un francobollo mentre stava espletando un bisogno fisiologico nel bagno della camera di un albergo di Milano dove era stata nell’autunno dello scorso anno.”

Su Repubblica il caso assume forme fantasiose: “la donna ha riconosciuto sé stessa in una immagine thumbs nail (unghia di pollice, un quadratino minuscolo). La donna racconta: “Stavo navigando su Internet e, a un certo punto, con un collegamento download, ho trovato quella foto. Ero io al gabinetto, quasi completamente nuda. Sono rimasta sbalordita”.

Sbalordisce anche noi, dato che con un collegamento download (?) riconoscere se stessi in un quadratino minuscolo non è da tutti. Ma il Corriere della sera va oltre:
“dice la signora: “Ma quella lì nel bagno sono io!” Sul monitor, navigando in Internet, era emersa piccola piccola come una “thumbnail”, una di quelle immagini francobollo che per essere viste a grandezza normale richiedono un programma particolare da scaricare sul proprio hard-disk.”

Ah! C’è da chiedersi quale sia questo programma? Sempre il Corriere: “La signora romana cercava informazioni sulle videocamere ed ecco spuntare il filone delle “web-cam”, anzi delle “spy-cam”, che costituiscono l’ultimo grido nel ramo dei siti di sesso hard rivolti a un pubblico di nuovi voyeur.”

La signora quindi cercava prodotti proibiti, microtelecamere spione a luci rosse? Era una guardona vittima della sua perversione? Ma che… Repubblica spiega bene che stava in un collegamento download, e l’Ansa chiariva “entrando in un sito non a luci rosse”. Quale delle tre versioni diamo per buona?

Neanche i titolisti sembrano riuscire, in questa occasione, a salvare il salvabile. L’articolo di Repubblica strilla a tutta pagina “Nuda in bagno, mi spiavano” ed il sottotitolo già parla di un altra cosa “Scoperte tre telecamere nel cinema e nel parcheggio”

E nell’albergo milanese incriminato?
Repubblica: “I militari hanno ispezionato la camera dell’albergo milanese (a cinque stelle): nessuna traccia di microcamere. A vuoto anche altre quattordici perquisizioni in tutta Italia, segno che i ladri d’intimità, coi loro diabolici e minuscoli marchingegni, si spostano di continuo.”

Diffidate dei cinque stelle e leggete il Corriere: “La “web-cam”, probabilmente azionata ad ogni uso dello sciacquone è stata nel frattempo tolta da lì. Più fortuna hanno avuto invece gli investigatori quando sono andati a ispezionare alcuni locali dei Castelli romani”. Regola due: non tirare mai la catena al bagno.

Insomma una telecamera non trovata probabilmente si azionava con lo sciacquone. O magari con la chiave nella toppa, o con l’aria condizionata. Perché proprio con lo sciacquone? Ma la foto non era scattata “mentre stava espletando un bisogno fisiologico”? Mentre mi tormenta il dubbio, e sto disperatamente cercando il programma che ingrandisce i thumbnail del Web, il mio pensiero va al cinema di Colleferro del titolo di Repubblica.

Gli investigatori, esaminando ben 1200 siti (dice Il Corriere), hanno trovato le immagini riprese da alcune telecamere poste all’ingresso e all’uscita di un cinema. Una trovata pubblicitaria, quindi un evento mediatico, pubblico. Le immagini erano carpite per essere diffuse in rete pubblicamente a scopo pubblicitario. Bene, anzi male, il gestore del cinema rischia 4 anni di reclusione.

Repubblica “spiega”: “Il titolare della sala è stato denunciato per il reato previsto dagli articoli 6-15 bis e 6-23 bis del codice penale che punisce chi usa congegni per carpire immagini o conversazioni private, dai 2 ai 4 anni di carcere(…) I fotogrammi venivano riversati su un sito Internet, uno dei dieci individuati dai militari del capitano Giorgio Manzi” Caspita che salto! I 1200 siti controllati diventano dieci!


Persino gli articoli di legge sono diversi a seconda della testata (la legge una volta era uguale per tutti, ma ora c’è Internet). Repubblica : “6-15 bis e 6-23 bis del codice penale”; Corriere: “articoli 5, 17 bis e 623 del codice penale”; l’Ansa si tiene sul vago: “4 anni per installazione di apparecchiature atte a intercettare immagini e suoni all’insaputa delle persone riprese perché quelle immagini venivano poi trasmesse su Internet.”

Come se l’uso peggiorasse la situazione, dato completamente errato, come spiega molto bene l’avvocato De Grazia in un lungo articolo pubblicato on line nei giorni scorsi.

Pronti? Via!
L’articolo 623 riguarda la “Rivelazione di segreti scientifici o industriali”! L’articolo 17 bis non esiste (il 17 si occupa della pena di morte…), e l’art. 5 è stato dichiarato illegittimo. L’unico articolo del Codice Penale che di striscio si occupa di ciò è il 617 bis (mischiando i numeri dati a caso dai giornali.. con molta pazienza qualcosa si trova). Art. 617 bis “Installazione di apparecchiature atte ad intercettare od impedire comunicazioni o conversazioni telegrafiche o telefoniche”.

Spiega De Grazia: “le intercettazioni sono vietate “tout court” dal nostro ordinamento, se non espressamente autorizzate. L’eventuale diffusione delle immagini e dei suoni carpiti in maniera fraudolenta su Internet eventualmente può integrare il presupposto di altri reati”.

Resta il dubbio se trasmettere le immagini dell’ingresso di un cinema sul proprio sito Web, sito pubblico presente sulla rete pubblica Internet possa diventare un reato così aspramente punito e scambiato dal primo quotidiano italiano per “Rivelazione di segreto industriale”. Nel frattempo il sito del cinema ha sospeso la pagina delle Webcam… Mentre il Comune di Roma, Microsoft e Canon continuano allegramente a trasmettere immagini private di poveri cittadini ignari dal sito Capitolium riprese da una telecamera che sta sul terrazzo del Sindaco. Che articolo gli diamo? 007?

Va da sé che avranno chiesto le dovute autorizzazioni, il che significa comunque che piazzare una Webcam non è per forza un sinonimo di perversione o di voyeurismo.Si può fare un giro del mondo in punta di mouse, senza violare la legge né sentirsi dei maniaci. Anche se Repubblica, scavando nel torbido che non c’è, ci diverte così: “In due mesi di navigazione attraverso i siti “voyeur” i carabinieri hanno visto di tutto (…) Ma in alcuni casi si tratta di situazioni normalissime – aggiunge il capitano Manzi: un parco pubblico, una fermata dell’autobus, una strada piena di gente. Evidentemente in certi casi il piacere è quello di spiare, di sentirsi invisibili”. Il simpatico Totò in questo caso direbbe “e io pago!”

I Carabinieri dell’operazione WWW (ahimé questo l’infausto nome della cosa) che senz’altro darà dei buoni frutti ma che fino ad ora ha trovato solo 3 webcam in un cinema, forniscono l’email per eventuali segnalazioni: “Altre denunce sono arrivate, in forma anonima, alla E-mail dei carabinieri (FN077715@ETFLASHNET.IT)” (Repubblica); “l’indirizzo è FN077715@ETFLASHNET.IT” (Ansa). Inutile dire che l’indirizzo è sbagliato, e poco importa che si tratti di un dato importante come la posta elettronica dei Carabinieri che si stanno occupando di un caso così “caldo” sotto i riflettori dell’opinione pubblica. Chiocciola, altrimenti detta “at” (“et” per i tastieristi italiani) …Flashnet. Se avessero controllato la risposta sarebbe stata:
“FN077715@ETFLASHNET.IT; Action: Failed; Status: 5.4.4 (unable to route)”. L’indirizzo non esiste. Flashnet e non EtFlashnet è uno dei principali fornitori di servizi internet italiani.


Quando si lascia il “caso” dello sciacquone e si parla di Webcam in generale arriva il meglio. Scalfari, se sapesse, fulminerebbe chi ha scritto contorti percorsi pseudotecnologici in spregio persino della grammatica come: “Le microcamere che immortalano e rilanciano pochi fotogrammi, piccoli quadretti di vita scippata, c’è un altro sistema: il “navigatore” entra in un indirizzo informatico che lo colloca, in diretta, dietro l’occhio nascosto e gli permette di restarci per un certo periodo. Ma il pagamento, in questo caso, si fa con la carta di credito e la ‘e-mail’. il guardone, quanto meno, sa cosa spende”.

Altimenti c’è un altro metodo, altrettanto balordo: “Il metodo usato dalla maggior parte dei siti, invece, è una vera e propria truffa. Per ingrandire le immagini bisogna scaricare un programma che, all’insaputa dell’utente, si collega con un server all’estero, quasi sempre scavalcando l’Oceano (i carabinieri ne hanno individuato uno a Santiago) con una spesa di circa 400 mila lire l’ora”.

Il Corriere dà man forte: “Che genere di truffa era mai quella, dove per vedere simili immagini i navigatori di Internet sono indotti a scaricare un programma che senza avvertirli li mette in comunicazione con provider sparsi per mezzo mondo, con un costo di 11 mila lire al minuto?”.

L’Ansa raggiunge il sublime:
” Risalendo a ritroso nella rete, i carabinieri sono arrivati ad un numero telefonico di Santiago del Cile da dove è stato aperto il sito che mostrava la donna.” Le cifre non tornano mai… 11mila lire al minuto sono 660mila lire l’ora e non 400mila. C’è da chiedersi con quale compagnia telefonica una chiamata a Santiago costi così tanto.

Ma il “ritroso nella rete”? Tali programmini, disponibili su molti siti a luci rossa, telefonano direttamente al numero internazionale. Collegano il Pc dell’utente ad un server internazionale. Senza andare a “ritroso nella rete” bastava controllare l’Accesso Remoto di Windows…

Due programmini di questo tipo, da me controllati provati e testati, avvertono con un disclaimer in italiano molto chiaramente. GoIn Direct: “Il vostro modem chiamerà un numero internazionale stabilendo una connessione telefonica per connettersi ai servizi di Go In Direct”; Cyberman: “il modem si connetterà automaticamente chiamando un numero internazionale stabilendo una connessione a lunga distanza con il Cile.” Più che “a ritroso” è bastato leggere il disclaimer (o leggere il numero che compone Accesso Remoto).

Ben inteso, le truffe ci sono, i siti di Spycam ci sono. Ben vengano controlli e rispetto delle regole. Ma stiamo comunque parlando di chi, all’interno di un sito a luci rosse, scarica un programma, lo installa (magari senza leggere alcun disclaimer), lascia che il programma interrompa il collegamento in corso e ne effettui un altro, previo doppio Clic.

Finito qui? Per fortuna no. Repubblica: “gli investigatori sono convinti che molte riprese siano state fatte in Italia: gran parte dei fotogrammi di ottima denominazione(in “J-Peg” per dirla con gli esperti d’informatica) sono state infatti immesse nella rete con una didascalia in italiano”. A parte la descrizione gustosa dei “fotogrammi di ottima denominazione” (in realtà Jpg è un formato che invece abbassa la qualità e le dimensioni di un immagine) davvero basta una didascalia in italiano per affermare che si tratta di riprese italiane? Se anche gli investigatori avessero affermato tale convinzione, cosa di cui è lecito dubitare, possibile che non suonasse… almeno curiosa”?

Nel frattempo, come Repubblica e Corriere all’unisono consigliano, o meglio consigliano alle donne (come se non esistessero migliaia di siti Spycam con palestre, Bodybuilders, universitari, ragazzotti ruspanti etc): “Attenzione alla lampada del solarium. Occhio allo specchio della toilette al cinema. Guardatevi dal portasciugamani nei gabinetti del ristorante. E le signore in gonna, dovrebbero diffidare delle scale mobili e delle griglie dei marciapiedi”.

Aggiungo: attenzione anche ai falsi allarmi e alla disinformazione a pagamento, e attenzione a non farsi beccare dalla telecamera “autorizzata” del Comune di Roma, con la quale è persino possibile fare lo zoom dell’immagine (senza andare a ritroso nella rete entrando in indirizzi email effettuando un download).

Luca Schiavoni

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Pubblicato il 11 feb 2000
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