L'AI falsifica i certificati d'arte: Michelangelo approverebbe?...

L'AI falsifica i certificati d'arte: Michelangelo approverebbe?...

I truffatori d'arte hanno un nuovo alleato, l'intelligenza artificiale che genera certificati di autenticità falsi, ma assolutamente convincenti.
L'AI falsifica i certificati d'arte: Michelangelo approverebbe?...
I truffatori d'arte hanno un nuovo alleato, l'intelligenza artificiale che genera certificati di autenticità falsi, ma assolutamente convincenti.

Nel 1496, Michelangelo aveva ventun anni e pochi soldi in tasca. Per risolvere il problema, scolpì un frammento che sembrava antico. Lo strofinò con terriccio acido per invecchiarlo artificialmente e lo spacciò al Cardinale Raffaele Riario come reperto romano autentico. La truffa funzionò.

Se Michelangelo fosse nato qualche secolo dopo, avrebbe potuto usare ChatGPT per generare un certificato di autenticità perfetto, completo di provenienza inventata e timbri falsi che nemmeno un perito esperto riuscirebbe a distinguere dagli originali.

Grazie all’intelligenza artificiale, infatti, i truffatori non devono più essere artisti talentuosi o falsari abili. Basta saper usare un chatbot. Un nuovo report del Financial Times analizza l’aumento allarmante di documenti falsi generati dall’AI che stanno inondando il mercato dell’arte, lasciando assicuratori, broker e periti in uno stato di sconcerto crescente mentre cercano di capire cosa è davvero reale.

ChatGPT aiuta i truffatori a falsificare i certificati per le opere d’arte

Nel mondo dell’arte, la provenienza è tutto. È il registro di proprietà di un pezzo specifico che permette di tracciare la “linea di sangue” di un’opera attraverso i secoli. Chi l’ha posseduta, quando, dove è stata venduta, per quanto. Senza provenienza verificabile, un dipinto potrebbe essere un Rembrandt o una copia ben fatta, ma pari a carta straccia.

Il problema è che i chatbot AI aiutano i truffatori a falsificare fatture di vendita, valutazioni, documenti di provenienza e certificati di autenticità in modo incredibilmente convincente.

Non è che prima non esistessero falsari abilissimi, esistevano eccome, e alcuni sono diventati leggendari per la loro maestria. Ma richiedeva tempo, abilità, conoscenza storica profonda. Ora basta scrivere genera un certificato di autenticità per un dipinto del XVII secolo e l’AI sforna un documento che sembra uscito da un archivio polveroso.

Un perito assicurativo intervistato dal Financial Times ha raccontato di aver ricevuto decine di certificati come parte di una richiesta di risarcimento per una vasta collezione di dipinti. I documenti sembravano convincenti, carta giusta, font credibili, timbri che parevano autentici. Ma alcuni indizi nascosti nei metadati digitali lo hanno a concludere che l’intera collezione d’arte era un falso.

È una truffa che richiede un occhio esperto e strumenti forensi digitali per essere smascherata. Bisogna scavare nel codice nascosto del file, analizzare le firme digitali.

Quando l’AI inventa la storia dell’arte…

Il dettaglio più surreale del report del Financial Times è che non tutti i falsi sono intenzionali. Alcuni collezionisti hanno usato l’intelligenza artificiale per cercare la provenienza di opere nei database di riferimento, ottenendo risultati semplicemente inventati. L’AI ha immaginato storie di proprietari passati, vendite a case d’asta che non sono mai avvenute, passaggi di mano completamente fittizi.

Oramai lo sappiamo tutti. I chatbot AI devono per forza dare una risposta, quindi se si forniscono abbastanza informazioni, inventeranno di sicuro qualcosa. È il problema fondamentale dei modelli linguistici, non ammettono di non sapere. Preferiscono inventare una risposta plausibile piuttosto che riconoscere l’ignoranza.

Immaginiamo un collezionista onesto che ha ereditato un dipinto dalla nonna e vuole verificarne la provenienza. Chiede a ChatGPT di cercare nei database storici, l’AI genera una bella storia coerente su come il dipinto sia passato di mano in mano attraverso generazioni di nobili europei. Il collezionista ci crede, presenta quella storia come documentazione autentica, e improvvisamente è coinvolto in una frode senza nemmeno saperlo.

I periti usano l’AI per combattere l’AI

Anche i periti stanno utilizzando l’intelligenza artificiale per tenere il passo con l’ondata crescente di falsi. I truffatori usano l’AI per creare documenti falsi, i periti usano l’AI per scovarli, ma restare al passo è sempre più difficile.

Il mercato dell’arte è sempre stato vulnerabile alle frodi, è un settore basato su autenticità, rarità e storia, tutte cose che possono essere inventate. Ma l’intelligenza artificiale ha reso più facile la vita ai truffatori, trasformando quello che era un crimine d’élite, che richiedeva abilità specializzate, in qualcosa che chiunque può tentare. E i periti, per quanto esperti, fanno sempre più fatica a distinguere l’autentico dal falso basandosi solo sull’analisi visiva e documentale.

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Pubblicato il
29 dic 2025
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