Anonymous, alla porta c'è l'FBI

Anonymous, alla porta c'è l'FBI

Quaranta mandati di perquisizione in terra statunitense. I federali sono alla caccia di altri membri del gruppo di cyberattivisti, che nel frattempo spedisce una minacciosa lettera aperta al governo di Londra
Quaranta mandati di perquisizione in terra statunitense. I federali sono alla caccia di altri membri del gruppo di cyberattivisti, che nel frattempo spedisce una minacciosa lettera aperta al governo di Londra

Più di quaranta mandati di perquisizione impugnati dagli agenti del Federal Bureau of Investigation (FBI) in varie città degli Stati Uniti. Un’indagine coordinata a livello internazionale, con la stretta collaborazione dei corpi di polizia olandesi, tedeschi, francesi. E con un unico e solo obiettivo: stanare decine e decine di giovani membri del gruppo di cyberattivisti Anonymous.

I federali a stelle e strisce si muoveranno insieme alla National Cyber-Forensics and Training Alliance (NCFTA), l’alleanza tra pubblico e privato per identificare e neutralizzare il cybercrimine. Al centro delle attenzioni dell’FBI c’è il tool noto come Low Orbit Ion Canon (LOIC), ampiamente sfruttato da Anonymous per coordinare gli attacchi di tipo DDoS contro i siti ufficiali di servizi come PayPal, Visa e Mastercard .

Il fuoco del dissenso aveva infatti investito queste aziende in seguito al blocco dei canali dedicati alle donazioni verso il sito delle soffiate Wikileaks. Un comunicato stampa dell’FBI ha ricordato come un attacco di tipo denial-of-service sia illegale, e come i sospettati potrebbero rischiare fino a 10 anni di carcere . Praticamente la stessa pena che attenderebbe al varco i cinque membri di Anonymous arrestati nel Regno Unito.

Il freddo tintinnio delle manette ha subito provocato la più dura delle reazioni da parte del gruppo di cyberdissidenti, autore collettivo di una lettera aperta indirizzata allo stesso governo di Londra. Un recente comunicato stampa – la cui autenticità è ancora da confermare – ha praticamente preso atto di una vera e propria “dichiarazione di guerra” da parte delle autorità britanniche verso tutto il popolo della Rete.

Gli Anonymous hanno dunque sottolineato come un attacco di tipo DDoS non sia assolutamente da considerare illecito, non alla stregua delle più classiche manomissioni dei cracker. Tentare di accedere in massa ad un sito costituirebbe una pratica legittima, non certo sanzionabile secondo le predisposizioni del Computer Misuse Act del 1990 . Il gruppo ha poi specificato come la pacifica occupazione di uno spazio web sia da considerare come una protesta in piazza.

Perché – si sono chiesti gli Anonymous – nessuno ha mosso un dito quando a subire l’attacco a mezzo DDoS era lo stesso sito delle soffiate Wikileaks? Le autorità britanniche rischierebbero ora di rovinare le vite di giovani tra i 15 e i 26 anni, solo per aver contribuito ad una forma di dissenso legittimo. Il gruppo ha infine minacciato il governo di Londra, annunciando ritorsioni in caso di condanna dei cinque ragazzi.

Mauro Vecchio

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Pubblicato il
28 gen 2011
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