Anonymous e il legittimo cyberdissenso

Anonymous e il legittimo cyberdissenso

Il gruppo di attivisti non avrebbe intenzione di rubare dati o di attaccare le infrastrutture critiche di aziende come Visa. Solo di esprimere il proprio disappunto a mezzo DDoS. Non ci sarebbe la loro mano dietro ai disservizi di Amazon
Il gruppo di attivisti non avrebbe intenzione di rubare dati o di attaccare le infrastrutture critiche di aziende come Visa. Solo di esprimere il proprio disappunto a mezzo DDoS. Non ci sarebbe la loro mano dietro ai disservizi di Amazon

Anonymous non è un gruppo di hacker. Siamo comuni cittadini della Rete, motivati da una sensazione collettiva di stanchezza. Siamo stufi di tutte quelle grandi e piccole ingiustizie a cui assistiamo ogni giorno. Nostro attuale obiettivo è quello di stimolare le coscienze su Wikileaks, così come sui subdoli metodi adottati da alcune aziende nel tentativo di compromettere il tranquillo funzionamento del sito”.

Così un recente ed insolito comunicato stampa , diramato online dal gruppo di attivisti digitali Anonymous . Un brevissimo manifesto che ha cercato di far luce su natura ed obiettivi della comunità di dissidenti nata nella regione web di 4chan . Azioni del tutto simboliche , quelle finora adottate da Anonymous , espressioni di un “legittimo dissenso” nei confronti di alcune delle aziende a stelle e strisce che avevano in precedenza deciso di tagliare i ponti con il sito delle soffiate.

“Non vogliamo rubare le vostre informazioni personali o i numeri delle vostre carte di credito – si può leggere nel comunicato diramato online – Inoltre non è nostra intenzione attaccare le infrastrutture critiche di società come Visa, Mastercard e PayPal. Il punto di Operation: Payback non è mai stato questo. I nostri sforzi si sono concentrati sui rispettivi siti web, che rappresentano come il volto pubblico di queste aziende”.

Anonymous, avanza la cyberguerra?
Le dichiarazioni del gruppo di attivisti sembrano aver come acceso gli animi di altri comuni cittadini della Rete. Stando al parere di alcuni esperti di sicurezza, decine di migliaia di utenti avrebbero scaricato negli ultimi giorni il software necessario agli attacchi. Pare che tra i nuovi obiettivi sia stato incluso anche il sito Moneybookers , competitor britannico di PayPal. Anche questo avrebbe smesso di accettare trasferimenti di denaro nei confronti di Wikileaks.

Se Operation: Payback continua a mietere vittime a mezzo DDoS, l’arresto dello smanettone olandese di 16 anni pare essersi rivelato determinante. Il giovane programmatore avrebbe infatti ricoperto un ruolo fondamentale all’interno del gruppo degli Anonymous , gestendo un server IRC per il coordinamento degli attacchi . L’arresto da parte della polizia olandese avrebbe in sostanza smorzato il furore degli entusiasmi all’interno di Anonymous .

Amazon, interruzioni hardware
Non è stato il “legittimo dissenso” a causare la serie di disservizi che ha colpito i server del retailer statunitense Amazon. Le piattaforme operative in alcuni paesi europei – Regno Unito, Francia, Germania e Italia – sarebbero all’improvviso finite offline a causa di un problema tecnico legato all’hardware della rete di data center nel Vecchio Continente. La mano di Anonymous è dunque da escludere, come inoltre sottolineato dallo stesso comunicato stampa del gruppo.

Gawker, la fuga delle password
Ad agire sarebbe stato un gruppo di presunti attivisti chiamato Gnosis . Tutti i siti appartenenti a Gawker Media (tra cui Gizmodo e il blog ValleyWag ) sono stati improvvisamente costretti al silenzio in seguito ad un raid che ha compromesso le credenziali d’accesso di circa 1,5 milioni di utenti . Il braccio armato di Gnosis si è in sostanza intrufolato nel database della società statunitense, costringendo i suoi lettori a cambiare le proprie password d’accesso.

Il movente del gruppo non è attualmente chiaro. C’è chi ha parlato di un collegamento diretto tra Gnosis e gli Anonymous , decisi a colpire Gawker Media per aver condotto una campagna ritenuta denigratoria nei confronti della comunità di 4chan . Tra i dati finiti online ci sarebbero anche una serie di conversazioni tenutesi in chat tra gli editor di Gawker , non particolarmente morbide nei confronti degli Anonymous .

FBI, caccia agli anonimi
Contro il gruppo di cyberdissidenti si starebbero muovendo anche gli agenti del Federal Bureau of Investigation (FBI), in collaborazione con l’unità contro i crimini informatici del Department of Justice (DoJ) statunitense. Gli ostacoli potrebbero essere numerosi, in primis quello relativo alla natura decentrata del gruppo . Un ex-membro del DoJ ha poi sottolineato come la maggior parte dei partecipanti potrebbe essere costituita da ragazzini di 15 o 16 anni, animati da un senso di protesta e operativi in paesi come Belgio e Olanda.

Mauro Vecchio

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Pubblicato il
13 dic 2010
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