Per Julian Assange non è finita qui: prima di cedere all’estradizione negli USA, infatti, il fondatore di Wikileaks avrà ancora un’opportunità per potersi difendere e far valere le proprie ragioni al cospetto delle pressioni statunitensi.
Assange può appellarsi contro l’estradizione
La decisione dell’Alta Corte di Giustizia londinese, infatti, è arrivata: ad Assange è stata offerta la possibilità di ricorrere contro la precedente decisione della Corte medesima, che solo un mese fa accoglieva il ricorso degli Stati Uniti contro la prima sentenza di negazione dell’estradizione. Il nuovo passaggio legale evita al caso di scalare ad una dimensione politica, tenendo il fragile esecutivo britannico momentaneamente fuori dalla questione e prolungando ancora una volta una vicenda che non sembra aver fine. Comunque andrà la vicenda, infatti, il prossimo passo non arriverà prima di qualche mese e nel frattempo Boris Johnson avrà sistemato – nel bene o nel male – la propria posizione.
Nelle settimane scorse il Messico aveva palesato la volontà di offrire asilo politico a Julian Assange, offrendosi pertanto come possibile sponda per ostacolare le pressioni USA sul caso. Gli Stati Uniti, infatti, fin dal primo giorno promettono equa giustizia, ma pretendono di avere Assange negli States per poterlo giudicare per quanto pubblicato su Wikileaks a suo tempo.
La parola passa all’Alta Corte di Giustizia, la quale avrà in mano una decisione molto pesante per il futuro di Assange: aprirgli le porte degli USA, oppure prolungarne ulteriormente il percorso legale in una sorta di sospensione che lo tiene lontano dai pericoli che minaccia lo Zio Sam.