Australia, MediaSentry vive

Australia, MediaSentry vive

L'agenzia investigativa zombi prediletta dai colossi dei contenuti si aggira in Oceania. Per rastrellare studenti a favore della major
L'agenzia investigativa zombi prediletta dai colossi dei contenuti si aggira in Oceania. Per rastrellare studenti a favore della major

C’è chi perde il pelo ma mai il vizio, e poi c’è chi come MediaSentry viene apparentemente scaricata da RIAA ma ritorna poi alla ribalta perché ancora impegnata nel diramare denunce, minacce e missive persecutorie al limite della legalità.

Sarà forse vero che la maggiore organizzazione delle major del disco statunitensi (RIAA appunto) non si serve più di quella che una volta era la sua cimice prediletta, ma a quanto pare le singole etichette discografiche proprio non ce la fanno a cambiare le vecchie abitudini di tracciare, scaricare e poi minacciare: secondo quanto riportato da P2Pnet , Breno Cavalheiro, studente domiciliato nella città australiana di Brisbane, sarebbe stato cacciato fuori dal suo dormitorio in seguito a una denuncia di Sony per presunta infrazione del copyright.

Che c’entra MediaSentry? La nota organizzazione anti-file sharing entra in gioco se si analizzano gli indirizzi IP in entrata come ha fatto un lettore di P2Pnet : quei range di IP (bloccati dal tool di filtering PeerGuardian ) apparterrebbero appunto alla società incriminata, che starebbe ancora utilizzando le sue risorse di rete in terra statunitense per condurre le sue insinuanti indagini nei confronti di utenti presenti su un territorio distante qualche migliaio di chilometri.

Come evidenzia ancora P2Pnet , MediaSentry non ha ricevuto alcuna autorizzazione a operare da parte della Australian Securities and Investments Commission ( ASIC ), l’organizzazione governativa indipendente che si occupa di regolare e far rispettare le leggi societarie e dei servizi finanziari allo scopo di difendere consumatori, investitori e creditori. L’azione di MediaSentry in Australia sarebbe insomma illegale come tale era stata precedentemente giudicata in alcuni tribunali statunitensi, giusto prima che RIAA decidesse di scaricarla.

Se l’Australia si dibatte fra indagini e rastrellamenti, in Europa il clima non è meno incandescente. The Pirate Bay, la Baia dei pirati svedesi condannata alla galera e a multe salate da un giudice con troppi scheletri nell’armadio, non verrà estromessa dalla rete. Le major chiedevano ulteriori sanzioni e un ultimatum senza possibilità di appello con tanto di distacco della connessione. Ma il distacco rimane una misura impossibile da applicare perché l’hosting della Baia è ben lontano dalle acque agitate della Svezia, e la richiesta di nuove sanzioni immediate è stata respinta dalla corte che dice di voler passare attraverso le audizioni standard di ambo le parti prima di sentenziare alcunché.

Alfonso Maruccia

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Pubblicato il
27 mag 2009
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