Batterie al litio, meno cobalto e più ferro

Batterie al litio, meno cobalto e più ferro

All'Università del Texas trattano in modo innovativo le sostanze alla base delle batterie al litio, per ridurne i costi e aumentarne le qualità. Auto elettriche, gadget ed elettronica varia attendono con impazienza
All'Università del Texas trattano in modo innovativo le sostanze alla base delle batterie al litio, per ridurne i costi e aumentarne le qualità. Auto elettriche, gadget ed elettronica varia attendono con impazienza

Produrre batterie al litio è un’esigenza sempre più pressante, dettata dal crescente sviluppo di tecnologie mobili elettriche. Per meglio fronteggiare la grande richiesta c’è ora una novità, il cui primo e non trascurabile effetto sarà quello di abbassarne i costi .

L’idea è del professor Arumugam Manthiram , dell’ Università del Texas . Il luminare ha dimostrato che, con un metodo basato sulla somministrazione di microonde , è possibile risparmiare tempo e utilizzare temperature più basse nella produzione di componenti base.

Oggi, nella produzione degli elettrodi positivi delle batterie al litio, si impiega una combinazione molecolare di ossido di litio e cobalto . Il cobalto è un metallo costoso e proprio qui interviene lo studio di Manthiram: sostituisce la combinazione con una di fosfato di ferro e litio e la tratta con un procedimento innovativo.

La promessa di costi più contenuti deriva proprio dall’impiego di ferro, decisamente più economico. La batteria così costruita ha la possibilità di immagazzinare una quantità di energia leggermente inferiore rispetto ad altre combinazioni, tuttavia si è rivelata in grado di fornire grandi picchi di energia senza difficoltà. Una qualità, questa, che la rende particolarmente idonea per l’impiego nei veicoli elettrici o ibridi .

Il metodo individuato dal professor Manthiram prevede l’impiego di materiali abbastanza comuni: idrossido di litio , acetato ferrico ed acido fosforico , il tutto sciolto in un solvente. La miscela viene poi riscaldata tramite microonde per cinque minuti , portandone la temperatura a circa 300 gradi . Mediante questo riscaldamento si formano le particelle visibili nella figura, prodotta al microscopio elettronico dal luminare stesso: sono tubuli da 25 x 100 nanometri, le cui piccole dimensioni favoriscono il rapido movimento di particelle nelle fasi di accumulo e cessione di energia.

Manthiram sta cercando di compensare il rendimento leggermente inferiore rispetto alla tecnica tradizionale con piccole quantità di un particolare tipo di acido solfonico (da non confondersi con quello solforico ). I riscontri sono notevoli: un singolo grammo di composto ha raggiunto capacità di circa 166 mAh . Nelle prossime versioni, Manthiram spera di migliorare anche la resistenza ai carichi intensi, al momento non molto elevata.

Lo scienziato sta lavorando anche su altre tipologie di batterie al litio e collabora con ActaCell , una startup texana che commercializzerà le sue scoperte. L’azienda, già finanziata con oltre 5 milioni di dollari , ha già la licenza per alcune invenzioni di Manthiram ma mantiene assoluto riserbo fino al prossimo anno su ogni ulteriore novità.

Marco Valerio Principato

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Pubblicato il
30 lug 2008
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