C'è un'Italia a cui la rete non va giù

C'è un'Italia a cui la rete non va giù

E' il paese degli enti locali: al di là di qualche eccezione, fatica l'adozione delle nuove tecnologie, spesso poco o per niente utilizzate per migliorare efficienza e servizi per i cittadini. I ritardi nel rapporto Assinform
E' il paese degli enti locali: al di là di qualche eccezione, fatica l'adozione delle nuove tecnologie, spesso poco o per niente utilizzate per migliorare efficienza e servizi per i cittadini. I ritardi nel rapporto Assinform


Roma – Ci sono degli ostacoli sulla via della Società dell’informazione italiana, e a soffrirne sono le pubbliche amministrazioni. I loro problemi nel dotarsi di tecnologie e, soprattutto, nell’utilizzarle al meglio si riverberano su imprese e cittadini e, evidentemente, rallentano l’Italia. I numeri di una marcia lenta e faticosa emergono dallo studio di Assinform sull’informatica nella PA locale, dalle regioni alle province, dai piccoli ai grandi comuni, alle comunità montane. Dati secondo cui gli stimoli dell’e-government sono tanto importanti quanto spesso vanificati dalle situazioni locali.

Lo studio dell’Associazione delle società di informatica e TLC, realizzato insieme a NetConsulting, rileva come persino negli enti locali dove maggiore è la preparazione di responsabili ed addetti rimane il problema di sempre: la combinazione fra problemi di budget e la capacità di capire cosa fare con l’IT . E infatti se è vero che nelle regioni i problemi di budget sono indicati come quelli più stringenti (oltre il 90 per cento dei casi), in tutte le altre categorie della PA locale pesano poco più della scarsa cultura informatica del personale dell’ente, indicata come frenante addirittura dal 51 per cento delle province.

Secondo lo studio, ad investire in informatica sono soprattutto le regioni e i grandi comuni. Basti pensare che gli altri comuni, le comunità montane e le province nel loro insieme spendono in informatica poco più del 28 per cento della spesa totale degli enti locali. Da segnalare che invece per le telecomunicazioni, sono i comuni a fare il grosso della domanda (80,1 per cento nel 2003, contro il 14,7 per cento delle regioni, il 4,7 per cento delle province, lo 0,5 per cento delle comunità montane).

“La spesa informatica delle amministrazioni locali in sistemi, software e servizi – ha commentato Giancarlo Capitani, amministratore delegato di NetConsulting – è stimata per il 2004 in 757,1 milioni di Euro. E questo è un valore modesto in rapporto ai fabbisogni”. La spesa in telecomunicazioni risulta in linea con quella del mercato, ma anch’essa contenuta, essendo stimata per il 2004 in 576,4 milioni.

Dal rapporto emergono anche squilibri tra nord e sud del paese che testimoniano le diverse sensibilità e capacità di spesa delle amministrazioni. Al sud, infatti, si trova la maggior parte dei comuni tra i 3mila e i 10mila abitanti dove si spendono 2 euro per residente. Nel complesso, nei comuni come meno di mille cittadini si spendono 5,5 euro per abitante, spesa che sale a 13 euro per i comuni con oltre 100mila abitanti.

Diverso il quadro per la copertura di Internet , inteso come accesso generico alla rete, che riguarda ormai pressoché tutti gli enti locali. “Ma in molti comuni – rileva Assinform – non si accompagna alla dotazione di reti interne, rendendo impraticabile l’interoperabilità fra sistemi interni e con i sistemi della PA e degli altri enti nel territorio”.

Infatti, se le LAN sono presenti nella totalità delle regioni e nel 92,3 per cento delle province, sono invece assenti nel 42 per cento dei comuni e nel 40 per cento delle comunità montane. Ed è proprio qui che ci si connette ad internet attraverso i modem analogici, tutt’alpiù ISDN, ma non certo tramite ADSL o altro broad band .


Ma l’organizzazione degli enti locali non sembra soltanto soffrire di una carenza infrastrutturale ma anche di un approccio non particolarmente dinamico alle possibilità offerte dallo sviluppo delle reti informatiche della PA. Ad esempio, se è vero che i collegamenti alla RUPAR, la rete unitaria della PA regionale, riguardano il 69,2 per cento delle regioni, il 54,8 per cento delle province, il 47,1 per cento delle comunità montane e il 24,6 per cento dei comuni, è anche vero però che solo le province se ne avvalgono per i servizi avanzati , come quelli di firma digitale o di cooperazione sul fronte delle applicazioni tra le diverse amministrazioni. E si tratta di servizi ritenuti fondamentali per l’automazione dei processi che coinvolgono più enti e dunque per l’e-government.

Lo studio, “Primo Rapporto Assinform sull’ICT nella PA Locale in Italia” , attribuisce un ruolo di forte stimolo alle attività governative per l’e-government, stimoli che però non spesso traducono in fatti le promesse. Ad esempio, dalla rilevazione emerge che tutti gli enti dichiarano di considerare prioritari i servizi alla collettività e al sostegno del tessuto industriale ed imprenditoriale, però poi “le applicazioni più diffuse sono sempre quelle legate alle funzioni contabili, e assai meno a quelle di produzione ed erogazione dei servizi alla collettività”.

Se molti comuni vantano applicazioni di gestione, sono dieci o quindici volte meno quelli che dispongono di applicazioni per lo sviluppo, i trasporti e il lavoro. Diverso il quadro per province e regioni dove più diffusi sono gli strumenti avanzati di servizio. Va detto però che, in una scala da 1 a 5, l’integrazione tra le diverse applicazioni di uno stesso ente è mediamente solo del 3-3,5 per cento, una situazione in certi casi attribuibile alla suddivisione dei sistemi informativi per assessorati.

Ma l’interoperabilità fra sistemi remoti e di diverse amministrazioni , con dati, applicazioni e servizi accessibili da qualsiasi nodo della PA è alla base della costruzione dei piani italiani ed europei di e-government: è ciò che permette di superare le frammentazioni e accedere da un qualsiasi nodo della PA a tutti i possibili servizi, dell’uno o dell’altro Ente. Ebbene, il livello di interoperabilità raggiunto è giudicato, in tutti gli Enti, medio o alto in meno della metà dei casi: 41 per cento dei comuni, 47,2 per cento delle province, 36,8 per cento delle comunità montane e 30,8 per cento delle regioni. “Il dato – spiega Assinform – potrebbe anche essere letto in positivo, se non fosse che sono anche parecchi i casi in cui il livello di interoperabilità è giudicato nullo o ignoto”.

Non va molto meglio nei portali al servizio di imprese e cittadini : mancano ancora nel 70,7 per cento dei comuni, nel 24 per cento delle province e nel 23,1 per cento delle regioni.

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Pubblicato il
16 nov 2004
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