La vicenda che vede sotto i riflettori la più grande azienda del mondo per capitalizzazione insieme ad un’oscura dot.com del Regno Unito sta cominciando a sgonfiarsi; i media ormai la trattano come una notizia datata e sfruttata, con solo qualche testata finanziaria che si interroga tuttora sulle conseguenze che la cosa avrà sul mercato azionario.
È perciò il momento che Cassandra attendeva per scrivere un riassunto della questione , esposto “in termini semplici, così lo potrete capire anche voi” ©.
In effetti descrivere il nocciolo di una vicenda così complessa, urlata e sovraesposta non è semplice, ma proviamo lo stesso.
L’azienda più capitalizzata del mondo, che regala i suoi prodotti ai suoi clienti apparenti e vende servizi di profilazione ai suoi clienti veri, circa quattro anni fa ha permesso ad un numero di aziende e ricercatori valutato intorno ai 1400 di accedere ad una parte dei dati utilizzando un’API, cioè un’interfaccia di programmazione.
1400 vi sembrano tanti? Nei soli Stati Uniti oggi sono attivi da 2500 a 4000 aziende che fanno solo compravendita di dati.
Per 1399 di questi casi non sono note ulteriori informazioni, mentre per uno, quello poi battezzato col nome dell’azienda Cambridge Analytica, si sa che il permesso originale era stato concesso da facebook ad un ricercatore per, appunto, scopi di ricerca.
Usando l’API e dei programmi realizzati ad hoc, il ricercatore ha estratto i dati di circa 500.000 utenti ma, sfruttando una possibilità che l’API permetteva, anche quelli dei loro “amici”, per un totale di 87 milioni di utenti.
Questi dati sono poi stati memorizzati, utilizzati per profilare gli utenti, i loro comportamenti ed inclinazioni, ed infine sono venuti, non si sa se legalmente o no, in possesso di Cambridge Analytica, che li ha usati per vendere dei profili psicografici da essi ricavati a chi questi dati richiedeva.
Questi profili sono stati per anni usati per qualsiasi cosa la conoscenza delle inclinazioni di un cospicuo numero di persone permettesse; in un caso recente sono stati usati per influenzare, in maniera subliminale e pare decisiva, le elezioni presidenziali di una superpotenza planetaria, e questo fatto è stato provato e reso pubblico.
Ecco che improvvisamente quei tanti politici e poteri forti che già non lo sapevano sono entrati in fibrillazione.
Scandalizzati? No, andreottianamente, si sono semplicemente resi conto di essere rimasti indietro nella corsa alla nostra manipolazione rispetto ai loro concorrenti più “avveduti”.
Questo è il vero motivo per cui la questione è salita ai riflettori delle cronache ed è diventata un caso mondiale.
Ora, come interpretare tutto il can can che è successo ed ancora succede? Sempre andreottianamente, come un riassestamento di un mondo che operava nascosto, che sta cercando di ritornare nascosto per continuare a fare le stesse cose che faceva prima, anzi più cose e più in grande.
Alcuni fatti poco evidenti ma importantissimi; mai il CEO di facebook Mark Zuckerberg ha dichiarato che i dati usati da Cambridge Analytica siano stati rubati, solo che sono stati “usati impropriamente”.
Ora Facebook ha perso un centinaio di miliardi di dollari all’inizio di questa storia; per cifre del genere si combattono guerre, invece qui nemmeno una causa in tribunale.
Senza bisogno di conoscere altre informazioni, si deve andreottianamente concludere che gli interessi delle due aziende coincidono, visto che non hanno, in buona sostanza, innescato nessun conflitto tra loro.
Di più; mai Zuckerberg ha dichiarato che le informazioni che Facebook possiede non siano costantemente usate e vendute per influenzare in tutti i modi possibili le persone.
Quello che Cambridge Analytica anche in questo caso ha fornito ad uno o più dei suoi clienti è stati il suo prodotto standard. cioè le informazioni necessarie per influenzare decisioni politiche; il riuscirci in maniera clamorosa ed essere beccati li ha messi sotto gogna mediatica.
Di nuovo, andreottianamente, è evidente che Zuckerberg non può criticare questi fatti di per se; facebook infatti ha un solo prodotto, queste informazioni, e le vende a chiunque le chieda, in tutti i modi che riesce ad escogitare. Risultato 450.000.000.000 di dollari e fine della storia.
Riassumendo, a parte ritrovarsi Donald Trump con in mano la valigetta nucleare ed i rubinetti dell’economia mondiale non è successo nient’altro, niente che non fosse già noto ed arcinoto ai pochi che praticano questo mestiere, o che non vogliono tenere la testa sotto la sabbia.
Due conseguenze positive però ci sono state .
La prima; alcuni, non molti, hanno cominciato a pensare e dire che forse facebook non andrebbe usato, o che andrebbe usato in modo diverso, aprendo il più delle volte solo dibattiti inutili sulle opzioni di privacy da attivare.
La seconda; Cassandra, che non ha mai avuto un account facebook, è stata promossa dall’infima retroguardia dei retrogradi della Rete all’avanguardia di questa nuova moda.
Solo per poco però; si tratta una moda non destinata a durare, perché non conviene a nessuno.
Non a Facebook ed ai suoi famuli, perché l’unica cosa che interessa loro è continuare ad espandere il loro “business as usual” dell’ultimo decennio.
Non ai politici, ai poteri forti ed a tutte le aziende, che da sempre vogliono manipolare la mente delle persone, in modo da poterlo fare più di prima con questi nuovi mezzi così efficaci.
Non agli utenti di Facebook, che sono stati sostanzialmente indifferenti alla buriana, e che comunque sotto sotto non desiderano altro che tornare nelle loro bolle informative dorate per continuare a sentirsi ripetere le loro convinzioni, e potersi così crogiolare in una artificiosa autostima.
Quindi agli altri che, come Cassandra, vogliono capire cosa gli sta succedendo, non resta che la consolazione di poter scaricare da facebook, Google e gli altri social che lo permettono gli zipponi con i giga di dati che di loro possiedono, esaminarli attentamente e rendersi conto di cosa è successo senza che se ne avvedessero.
Il faticoso cammino deve poi continuare leggendo qualcosa sull’Intelligenza Artificiale “debole”, sul Deep Learning e su quello che queste tecnologie permettono già oggi di ottenere.
In questo modo, forse, sostituiranno le preoccupazioni per un futuro olocausto chimico/bio/nucleare o per cambiamento climatico con quelle ben più urgenti per l’odierna, non futura, manipolazione dell’infosfera e della mente.
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