Terminator è uno che se ne intende. Lui non conosce l’informatica, lui È informatica. E perciò la visione dell’annacquato quinto episodio della saga creata da James Cameron e straziata dai suoi successori, e più esattamente di due particolari apparentemente secondari della trama hanno colpito Cassandra al cuore. E dato che la scarsa fiducia nell’attenzione della maggioranza degli spettatori, tranne ovviamente i 24 indefettibili lettori, od almeno quelli di loro che hanno visto il film, lascia il ragionevole dubbio che siano passati inosservati, Cassandra ritiene suo dovere evidenziarli.
Il film si svolge in una linea temporale alternativa: ormai è questo il bello delle storie basate sui viaggi nel tempo, puoi sempre, senza nessuno sforzo, lasciar posto per un prossimo episodio anche se concludi quello attuale. Invece di un buon elemento narrativo, da usare magari per creare un’ottima sceneggiatura ed un ottima storia, i viaggi nel tempo sono così comuni nei film e nelle serie televisive perché rappresentano una assicurazione per il business dei sequel.
Il primo episodio si svolgeva, come gli appassionati ricorderanno, nel 1984 (guarda caso) quando un robot assassino viene inviato dal futuro per uccidere la madre del futuro capo dei ribelli, ed uno dei ribelli viene inviato dal capo stesso per impedirglielo. Se non si intervenisse, nell’allora lontano 1997 una folle applicazione realizzata dai militari, che evidentemente odia le foto dei gattini, non appena caricata in Rete scatenerebbe una guerra nucleare per distruggere la razza umana, percepita probabilmente come pericolo proprio per questo, distruggendo così anche tutte le odiate foto.
Saltiamo a piè pari i tre episodi successivi (il secondo con rimpianto, il terzo ed il quarto con un notevole sollievo) ed arriviamo a quello attuale. Nel frattempo il giorno del giudizio cambia continuamente data, dal 1997 passa al 2004, poi (vedi caso) al vicino 2017, ma anche no. Un casino!
Questi spostamenti accadono perché ulteriori viaggi nel tempo di robot assassini, robot buoni ed altra varia umanità continuano a cambiare gli avvenimenti.
Nell’ultimo film il giorno del giudizio non è ancora arrivato perché Skynet non si è ancora destata. Lo farà quando, appunto nel 2017, un nuovo sistema operativo, prenotato da un miliardo di persone, verrà installato contemporaneamente in tutta la Rete e fonderà insieme tutti i computer, tutti i laptop, i missili nucleari, tablet, sistemi amministrativi, comunità sociali, tutto. Insomma, tutti online appassionatamente…
Primo flash: qualcuno ha pensato a certe “Finestre”? La sceneggiatura è di due anni fa: che sia un bell’esercizio di profezia? Cassandra ha una concorrente?
Secondo flash: l’ennesimo Terminator buono, giocoforza invecchiato per poter essere interpretato dal nostro ex-Governator, parla proprio come Cassandra, dicendo parole sensate, che purtroppo non mi sono annotato esattamente. Prego qualche lettore zelante di postare la frase esatta nel forum. Spiega in sintesi ai presenti che sostanzialmente questo miliardo di imbecilli connetteranno tutto senza preoccuparsi delle conseguenze e creeranno il supercattivo Skynet, provocando la fine dell’umanità e la cancellazione di tutte le foto di gattini che infestano la Rete.
Ohè, ci arriva persino Terminator a capire che a forza di killer app nel cloud e comunità sociali alla fine regaleremo noi stessi ai cattivi, e saremo votati all’estinzione, o quantomeno alla perdita dei nostri sé digitali (una volta si chiamava privacy).
Esercizio andeoreottiano: probabilmente questo sprazzo di saggezza è in realtà figlio di un interesse economico: l’industria del cinema e dei contenuti è da sempre nemica e sfruttatrice della Rete, e quindi raccontare che la Rete stessa diventa il cattivo finale è una buona pubblicità. Diffidate dalle applicazioni gratuite, del software libero e di tutto quello che potenzia la vostra capacità di ragionare e creare. Per essere sicuri, sani e felici limitatevi a comprate e pagare contenuti.
Retropensieri paranoici? Forse… ma come sempre, a pensar male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca.
Marco Calamari
Lo Slog (Static Blog) di Marco Calamari
L’archivio di Cassandra/ Scuola formazione e pensiero