Cracker in galera per 8 anni

Cracker in galera per 8 anni

Aveva sottratto, sfruttando le proprie conoscenze informatiche, qualcosa come 1,6 miliardi di record: tutti dati riguardanti persone che avrebbe potuto vendere o sfruttare in molti modi. Per sua fortuna non l'ha fatto
Aveva sottratto, sfruttando le proprie conoscenze informatiche, qualcosa come 1,6 miliardi di record: tutti dati riguardanti persone che avrebbe potuto vendere o sfruttare in molti modi. Per sua fortuna non l'ha fatto


Little Rock (USA) – Scott Levine non è un ladro d’identità ma l’Arsenio Lupin dei cracker di database contenenti record personali. La Corte Federale di Little Rock l’ha condannato a otto anni di carcere per aver sottratto dal database della Acxion – una società di archiviazione dati personali – le informazioni sensibili di milioni di persone.

L’accusa ha fornito le prove del furto di almeno 1,6 miliardi di record , un numero che non eguali nella storia dei procedimenti statunitensi. Acxiom, fino ad oggi, ha custodito le informazioni di milioni di cittadini per conto di società di credito, banche ed enti governativi. Secondo i documenti della Corte, Levine sarebbe riuscito a craccare i server della società di servizi sfruttando una falla del sistema di sicurezza. Una falla peraltro già utilizzata da tal Daniel Baas nel lontano 2003, poi condannato nello scorso marzo a 45 mesi di detenzione.

Levine, comunque, in base alle indagini, non avrebbe utilizzato i dati raccolti , tranne che per qualche sporadico e limitato affaire pubblicitario. Insomma, nessun caso di frode d’identità, ma “semplice” effrazione informatica con furto. Che è però bastata a portare ad una sentenza pesantissima.

“Questa sentenza riflette la gravità di questo genere di crimini”, ha dichiarato il procuratore legale Bud Cummins, sebbene l’accusa avesse richiesto una pena detentiva più lunga. La condanna prevede anche il pagamento di una sanzione di 12.300 dollari .

Il mancato utilizzo dei dati sottratti ha stupito non poco gli inquirenti, dato che Levine è stato per lungo tempo il deus ex machina di Snipermail.com, una struttura messa all’indice dalle organizzazioni anti-spam per il suo operato. Il dominio adesso non esiste più, ma è ancora presente nel Register of Known Spam Operations compilato da Spamhaus Project .

Se la condanna di un altro ladrone, Christopher Andrew Phillips, era sembrata “maxi” – cinque anni per aver sottratto 37mila schede personali dall’archivio digitale dell’Università del Texas, quella di Levine non può che essere considerata di un’altra categoria.

Dario d’Elia

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Pubblicato il 24 feb 2006
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