La presentazione di un provvedimento tanto atteso, discusso e complesso, quale il decreto Crescita 2.0 , non poteva non essere accompagnato dal solito stuolo di commenti e polemiche. Tanti i punti toccati dal piano di innovazione previsto dall’attuale governo tecnico, qualche grande tema assente secondo alcuni, dubbi sulla copertura finanziaria sollevati da altri.
A proposito dell’impegno finanziario richiesto per il raggiungimento degli obiettivi prefissati, oltre al miliardo e mezzo circa già disponibile grazie ai fondi europei per la banda larga e ultralarga al Sud e per le smart cities , l’entità della cifra in circolazione tra gli addetti ai lavori è pari a 600 milioni di euro . Questi, opportunamente suddivisi, serviranno per eliminare il digital divide, costituire l’anagrafe digitale, predisporre il piano per la giustizia digitale, coprire le minori entrate fiscali per le start-up, finanziare il documento digitale unificato (che prevede la fusione tra carta d’identità e tessera sanitaria).
Al di là del reperimento dei fondi necessari per concretizzare le soluzioni individuate dall’esecutivo guidato da Monti in fatto di sviluppo tecnologico, una criticità significativa è stata sollevata in merito all’ effettiva possibilità di realizzazione . Il riferimento è, in sostanza, alla presunta vacuità del provvedimento che, per essere realmente operativo, richiederebbe l’approvazione di ulteriori decreti attuativi. Il rischio di procedere con lentezza in fatto di innovazione, si avverte, potrebbe portare non tanto a un ritardo, quanto a un vero e proprio errore negli interventi.
Per quanto concerne il capitolo “grandi assenti”, a parlare è, tra gli altri, la Federazione Nazionale della Stampa ( FNSI ) che, pur riconoscendo l’importante passo avanti compiuto sulla strada dell’innovazione tecnologica, sottolinea la mancanza di una norma che introduca nell’ordinamento italiano i principi di trasparenza del Freedom Of Information Act ( FOIA ): “una norma che – si legge nella nota della di FNSI – permetta a qualsiasi cittadino (e non soltanto a chi abbia un interesse diretto e personale nella materia) di avere accesso ai dati sull’attività pubblica di ogni tipo e livello”.
Altro motivo di delusione riguarda la sostanziale assenza di riferimenti all’innovazione delle imprese , in particolare delle PMI italiane, per le quali non sarebbe previsto nessun incentivo fiscale, nessun contributo a favore della loro innovazione digitale, nessun riferimento a progetti strategici per l’imprenditoria nazionale come l’e-commerce, l’e-procurement e la fattura elettronica.
Cristina Sciannamblo