Roma – “Un altro rischio incombe sull’Europa: dopo l’EUCD arriva l’Intellectual Property Enforcement Directive ( IPED ), una nuova direttiva nel cui testo sono presenti concetti e precetti pericolosi non solo per il software libero”.
Con queste parole l’Associazione Software Libero italiana ( AsSoLi ) ha stigmatizzato i contenuti di una proposta di direttiva che verrà discussa l’11 settembre dalla commissione JURI dell’Europarlamento, una proposta che mira alla criminalizzazione della violazione della proprietà intellettuale.
“Col termine “proprietà intellettuale” – spiega l’Associazione – si comprendono discipline giuridiche molto diverse fra loro, come il copyright, i brevetti, i marchi, i nomi a dominio Internet, le quali comportano problemi e richiedono tutele nient’affatto uniformi. L’effetto di uniformare queste discipline, addirittura dal punto di vista penale, è di ridurre drasticamente le libertà civili dei cittadini europei, rendendo oltretutto legalmente rischiose le attività legate all’innovazione e alla competizione tecnologica”.
In questi giorni una coalizione internazionale di associazioni e gruppi ha avviato una campagna (CODE, Coalition for an Open Digital Environment) tesa a far conoscere i rischi di questa nuova proposta di direttiva nonché a chiedere ai parlamentari europei la non approvazione. Sul sito della campagna è possibile leggere la lettera spedita da questa coalizione ai parlamentari che fanno parte della commissione chiamata l’11 settembre prossimo a discutere, ed eventualmente approvare, questa direttiva.
“L’Associazione Software Libero – continua la nota diffusa da AsSoLi – condivide tutte le preoccupazioni espresse dalla coalizione e rimarca come ancora una volta con questa direttiva, come con la precedente EUCD, si danneggiano i cittadini.
Anziché limitarsi a colpire chi trae illegalmente profitto dalle violazioni del diritto d’autore – conclude l’associazione – si colpiscono gli utenti, declassandoli dal ruolo di cittadini a quello di clienti privi di diritti, condannandoli ad una fruizione arbitrariamente limitata delle opere e minacciando la loro riservatezza. Come se non bastasse, la direttiva minaccia lo sviluppo della concorrenza e dell’innovazione nel mercato dell’informazione digitale”.