Domini: la proprietà è un furto o un diritto?

Domini: la proprietà è un furto o un diritto?

Non è tollerabile che si sequestri un bene regolarmente acquisito, affittato, registrato, pagato o ricevuto con la motivazione del "non utilizzo". Siamo alla violazione di diritti fondamentali
Non è tollerabile che si sequestri un bene regolarmente acquisito, affittato, registrato, pagato o ricevuto con la motivazione del "non utilizzo". Siamo alla violazione di diritti fondamentali


Web – Dal bollettino del Regime di Controllo ed Anagrafe Centrale Nazionale del Controllo Internet si legge: “E ‘ comunque disposta la cancellazione del nome a dominio registrato presso l’Anagrafe di cui al comma 1, trascorsi 90 giorni dalla data della registrazione senza che ne sia seguita l’effettiva utilizzazione.”

Effettiva utilizzazione?
Innanzitutto una premessa: il titolo di questo commento non tragga in inganno. La proprietà, nel caso dei domini, è una parola grossa dato che nessuno ha il diritto di possedere un dominio. Gentilmente, le associazioni preposte all’assegnazione ce lo affittano per il tempo che decidiamo, anzi che il nostro denaro ce lo permette.

“Avere un dominio” quindi non è proprio un diritto, si paga (se fosse veramente un diritto internazionale in teoria dovrebbe essere gratuito), ma con il recente DDL che speriamo venga fulminato sulla strada di approvazione dal Dio della Rete o da Giove, si raggiunge il paradosso. O forse l’apoteosi di un regime comunista.

Persa la certezza del “penso dunque sono”, trasformata per logiche di mercato e globalizzazione in “pago dunque sono” il recente DDL in materia di domini internet distrugge anche questa certezza.

Non basta accaparrarsi un dominio, rischiando una multa assurda e completamente fuori dalla portata di un cittadino medio italiano, bisogna addirittura utilizzarlo. E perché mai? Nemmeno le regole della Naming Authority che fin qui hanno governato la registrazione dei domini arrivano a parlare, entro 90 giorni, di “utilizzazione”. Parlano di 90 giorni ma si limitano ad indicare come requisito per il mantenimento del dominio la raggiungibilità e la visibilità “degli oggetti appartenenti al nome di dominio”, definizione che, come spesso accade per le regole del NIC, può voler dire tutto e il contrario di tutto (una regola che, comunque, non si riferiva ad un “archivio di stato”…)

Insomma… se si compra una automobile, si paga il bollo, l’assicurazione e tutti gli altri balzelli: nessun ministro si permetterebbe mai di costringerci ad usarla! Se si affitta un appartamento al mare per i mesi estivi nessun DDL andrebbe mai a sentenziare “se non usi quella casa per 60 giorni te la leviamo!”. Stesso dicasi per qualsiasi altro bene acquistato, affittato, posseduto.

Possedere un dominio non è, come recitava il Tg3 di pochi giorni fa, una “mania”. Per molti privati è un hobby, per altri una passione, per altri ancora un modo per fare informazione. Possederne uno, affittarlo insomma, con il proprio nome o cognome può essere al massimo considerato un vezzo. Da dove viene quindi l’obbligo all’utilizzo?

Cosa significa “utilizzo di un dominio”? Poiché nel DDL, ad esempio, non esiste la parola “posta elettronica”, viene da pensare che registrare un dominio al solo fine di poter possedere la posta elettronica con il proprio nomecognome, costi la perdita del dominio dopo 3 mesi.

Questa, mi si perdoni il termine pesante, è una violazione dei diritti della persona.

Così come mi pare una violenza gratuita e degna dei peggiori regimi comunisti il controllo sull’utilizzo o meno del bene acquistato.

Non è tollerabile per una società civile controllare, disporre addirittura il sequestro di un bene (il dominio) una volta che è stato regolarmente assegnato, pagato e ricevuto, con la sola assurda motivazione del “non utilizzo”.

In uno stato nel quale si paga il “canone Rai”, che in realtà è una tassa di possesso dell’apparecchio televisivo senza che nessuno abbia mai definito cosa è un apparecchio televisivo (anche per una scheda Tv di un pc pare si debba pagare il canone Rai, o per un Tv utilizzato come monitor per la Playstation…) ecco che le preoccupazioni su questa frase infelice del DDL hanno un motivo di esistere.

L’Anagrafe controllerà se entro 90 giorni il sito è on line? Una pagina bianca con il nome sarà considerata un buon utilizzo? Basterà per soddisfare i guardoni di Stato? Oppure usciranno dei software che creano finti siti “specchi per le allodole di regime?”.

A quando la cancellazione dei siti brutti da vedere, il sequestro dei siti inutili, le multe per i siti che non vengono aggiornati spesso?

Una spiegazione a tutto questo, comunque, è tra le righe del DDL stesso: quella assurda, infausta, malevola multa di 60 milioni non appartiene alla Rete delle persone, così come la concezione tutta italiana della Rete. Appartiene ad una visione molto “marketing” di Intenet così cara a questo Governo e soprattutto alla sua Presidenza del Consiglio (chissà, forse troppi martedì alla fantomatica organizzazione Telecom Puntoitorg hanno fatto male).

60 milioni di base sono una multa su misura per una azienda che fa cybersquatting o che lucra in modo poco chiaro sul Web. Non sono certo un modo per “rimuovere gli ostacoli allo sviluppo di Internet in italia” ma anzi bloccheranno il mouse nei mesi a venire (sempre che Giove non provveda) a tutti i poveri cristi che nel loro piccolo volevano magari accettare la proposta di Dada o Galactica, o di molti altri provider, e registrarsi il proprio cognome.

E perché non la galera, allora?

Luca Schiavoni

ps: continuo a pensare di registrare un dominio a nome del mio gatto, anche per tener fede ad un mio precedente commento . Sperando che nessuna azienda registri, o abbia già registrato, quel nome come Trademark e piombi sul sito felino l’infausta multa lasciandolo inoltre il mio micio.it (il nome vero non lo dico neanche sotto tortura) senza una casa sul Web.

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Pubblicato il
14 apr 2000
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