Email sul lavoro, posti a rischio

Email sul lavoro, posti a rischio

I nuovi dati che arrivano dagli Stati Uniti e dal Regno Unito parlano chiaro: un quarto delle aziende licenzia i propri dipendenti perché abusano della posta elettronica. In Italia non ci sono dati e le norme sono nebulose
I nuovi dati che arrivano dagli Stati Uniti e dal Regno Unito parlano chiaro: un quarto delle aziende licenzia i propri dipendenti perché abusano della posta elettronica. In Italia non ci sono dati e le norme sono nebulose


Roma – Sono dati impressionanti quelli provenienti da USA e UK in queste ore sui licenziamenti causati per l’uso improprio della posta elettronica sul posto di lavoro. Nel Regno Unito una impresa su quattro ha confermato di aver deciso il licenziamento. Negli Stati Uniti la percentuale è leggermente più ridotta, 22 per cento, ma ugualmente preoccupante.

Secondo il Chartered Institute of Personnel and Development (CIPD) , organismo britannico che ha compiuto un sondaggio su un campione di 360 imprese rappresentativo del contesto produttivo nazionale, il 96 per cento delle aziende ha reso noto ai propri dipendenti procedure e regole di comportamento nell’uso di internet e dell’email. Di queste, il 25 per cento ha affermato di aver dovuto fare ricorso al licenziamento di almeno un proprio lavoratore perché colto ad abusare dell’email.

Gli abusi segnalati sono i più diversi, dalla spedizione di messaggi offensivi o pornografici ad altri colleghi all’uso della casella personale per interventi sopra le righe in contesti pubblici. Comportamenti che a quanto pare hanno spinto il management delle aziende a procedere come previsto dalle proprie regolamentazioni dell’uso di internet.

Ma, più in generale, il 60 per cento delle imprese britanniche ha raccontato di problemi con l’uso che i dipendenti fanno della posta elettronica. Una delle grandi preoccupazioni è evidentemente che con l’email aziendale si compiano addirittura dei reati, una questione che può coinvolgere direttamente le società.

Un dato, quest’ultimo, che emerge clamorosamente tra quelli raccolti negli Stati Uniti dall’American Management Association, da Clearswift e dal ePolicy Institute. A quanto pare, infatti, il 14 per cento delle imprese statunitensi ha dovuto produrre in tribunale almeno una volta le email di propri dipendenti. Ad affermarlo è il “2003 Email Survey” che presenta dati rilevati su un campione di 1.100 aziende americane.

Gli elementi di rischio per le imprese individuati dagli esperti sono peraltro molteplici. Nelle procedure di comportamento implementate nelle aziende, per esempio, troppo di rado si inseriscono con chiarezza anche disposizioni sulla corretta conservazione delle email, sui tempi per la cancellazione dei messaggi, sull’approccio verso le bufale e i virus o altro ancora. Elementi che tra le altre cose possono contribuire a mettere al riparo l’azienda tanto da possibili danni tecnologici dovuti a virus o aggressioni telematiche quanto da eventuali conseguenze legali di comportamenti impropri.

Va detto che nel Regno Unito la Commissione per la privacy ha recentemente deciso che in presenza di una esplicita policy resa nota dall’azienda, i responsabili della stessa possono provvedere al controllo della navigazione internet e della posta elettronica dei propri dipendenti onde verificare la sussistenza di eventuali “usi impropri”. In alcuni casi è persino possibile installare videocamere di controllo nei locali utilizzati dai lavoratori.

Ma se negli Stati Uniti e nel Regno Unito le aziende sono invitate a creare regolamenti per l’uso della posta elettronica e di internet, ad educare i propri dipendenti all’uso corretto dei sistemi aziendali e via dicendo, in Italia la situazione è tutt’altro che chiara.

In assenza di numeri sui licenziamenti dovuti a comportamenti ritenuti abusivi, stando alle segnalazioni che giungono sulla rete e a Punto Informatico le aziende italiane sembrano oscillare tra regolamentazioni estramamente severe e l’assoluta mancanza di qualsiasi policy in relazione all’uso di email e internet.

Se poi si va alla parte normativa, nel nostro paese vige una sostanziale incertezza. Da un lato il Garante per la privacy ha più volte dichiarato che in ogni caso, anche sul posto di lavoro, occorre sempre bilanciare il rispetto della riservatezza delle comunicazioni di un dipendente con le necessità aziendali; dall’altro ogni impresa si trova a navigare a vista perché è pressoché impossibile fornire una interpretazione univoca e definitiva sui diritti dell’impresa di controllare le attività del dipendente, e su quelli di quest’ultimo di difendersi da controlli eccessivamente pervasivi.

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Pubblicato il 1 lug 2003
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