Roma – Si sta ribaltando il panorama del file-sharing musicale, finito ormai sotto i riflettori e nelle aule dei tribunali. Mentre Bertelsmann tramite BMG si prepara all’assalto e alla colonizzazione di Napster, che tenterà di salvare dal tribunale nel quale lei stessa ha cacciato il sistemone scambiafile, un altro colosso della musica, EMI, si allea con Streamwaves per fare concorrenza “al nuovo Napster”.
Rivoluzione dunque? Pare proprio di sì, visto che Streamwaves potrà mettere a disposizione e consentire tra i propri utenti lo scambio senza limiti della musica prodotta da EMI. In cambio, gli utenti registrati dovranno versare all’azienda un canone mensile “contenuto”. Se questo è quello che farà anche Napster alla fine del processo che lo riguarda, siamo decisamente ad una svolta.
Il problema, per EMI, è che per attirare un numero sufficiente di utenti che possano creare un business “forte” su questo fronte, Streamwaves dovrebbe ottenere “licenze” anche da almeno un altro dei cinque colossi della discografia mondiale. In quel caso, infatti, potrebbe concorrere “ad armi pari”, o quasi, con i sistemi di file-sharing più affermati.
In questo quadro, come sempre, non sono inclusi tutti gli innumerevoli cloni di Napster e loro evoluzioni, software che dall’inizio del processo contro Napster ha conosciuto un rapidissimo sviluppo e che oggi consente agli utenti della Rete di scambiare file su una quantità infinita di server sparsi per il mondo. Per non parlare poi di tecnologie, come quelle derivate da Freenet, che annullano sul campo il concetto stesso di diritto d’autore.
A fronte di questo, quindi, il rischio per le majors del software è quello di trovarsi con in mano strumenti più o meno noti, come Napster o Streamwaves, che avranno però il “difetto” fondamentale, per così dire, di essere accessibili solo a pagamento. A fronte dell’enorme disponibilità di alternative gratuite, la grandezza della sfida che devono affrontare i discografici risalta nelle sue incredibili dimensioni.