C’è chi promette la concretizzazione del “sogno” del computer quantistico di qui a pochi anni , e chi invece continua a sperimentare alla ricerca di soluzioni innovative agli enormi problemi tecnologici posti dalla manipolazione dei singoli fotoni e degli stati atomici. L’ultima novità in fatto di quantum computing arriva da due studi pubblicati su Nature , entrambe volti a dimostrare la possibilità di immagazzinare in maniera permanente lo stato di entanglement di una coppia di fotoni in un cristallo lungo un centimetro.
L’ entanglement quantistico è uno dei principi alla base della teoria sulla meccanica quantistica, e descrive la correlazione esistente tra due particelle – o la loro abilità a comportarsi come un singolo sistema – indipendentemente dalla distanza o da dove le suddette particelle siano localizzate. I ricercatori sono riusciti appunto a immagazzinare lo stato di entanglement di un singolo fotone, agendo su un cristallo dopato con un elemento terrestre raro.
I due studi pubblicati su Nature identificano nella manipolazione dello stato energetico degli elettroni presenti nel cristallo la chiave per poter immagazzinare l’entanglement di un fotone: il cristallo viene preparato aumentando la velocità di transizione fra i livelli energetici degli orbitali atomici, mentre una volta assorbito il fotone da intrappolare può essere portato a uno stato di transizione a bassa velocità.
Il risultato dell’operazione è che lo stato di entanglement del fotone viene immagazzinato in maniera diffusa lungo tutti gli atomi dopati del cristallo , che nei fatti si comportano tutti come una singola particella lunga un centimetro. Lo stato del fotone può essere rilasciato lentamente (nel giro di qualche secondo) o mantenuto in stasi fino al prossimo cambiamento della velocità di transizione fra i livelli energetici.
Prima di poter applicare quanto scoperto dai ricercatori su manufatti prodotti a livello industriale, però, occorrerà risolvere qualche inconveniente non esattamente secondario: i cristalli hanno prima di tutto bisogno di operare a temperature estremamente basse (pochi gradi Kelvin sopra lo zero assoluto), mentre l’efficienza dell’immagazzinamento dello stato di entanglement è al momento parecchio bassa (21 per cento in un caso, meno dell’1 per cento in un altro).
Alfonso Maruccia