Filtrare il web? Non è utile

Filtrare il web? Non è utile

Scandagliare il web alla ricerca dei contenuti da oscurare è costoso e poco efficace. Uno studio britannico mette in fila le proprie rilevazioni sull'estremismo politico in Rete: per combatterlo, dicono gli scienziati, meglio puntare su altri metodi
Scandagliare il web alla ricerca dei contenuti da oscurare è costoso e poco efficace. Uno studio britannico mette in fila le proprie rilevazioni sull'estremismo politico in Rete: per combatterlo, dicono gli scienziati, meglio puntare su altri metodi

Ritenere Internet il cuore pulsante dell’estremismo politico militante è quanto di più sbagliato si possa pensare: a sfatare le convinzioni radicate in molte amministrazioni di paesi occidentali sarebbe un rapporto redatto dall’ International Center for the Study of Radicalization and Political Violence ( ICSR ), secondo il quale sarebbero vani anche i tentativi di filtrare o bloccare i siti dedicati alla ricerca di proselitismo. Secondo gli autori il fenomeno va ridimensionato e combattuto in maniera razionale, educando gli utenti piuttosto che reagendo in maniera aggressiva.

Il tutto ruoterebbe intorno a convinzioni errate: nonostante sia innegabile che la propaganda estremista sia confluita su Internet per via della comodità offerta da questo vettore, i reali effetti sul mondo offline sarebbero minimi. Riguardo a questo particolare argomento, nel tempo è nata una convinzione che si è poi radicata fermamente in molti utenti, ovvero quella che grazie ad Internet si sia avuto un vero e proprio boom delle adesioni alle varie organizzazioni di matrice politica. Secondo quanto affermato da ICSR ciò sarebbe vero solo in parte: “La radicalizzazione e il reclutamento via Internet raramente hanno un qualche effetto nel mondo reale e non sembra esserci ragione alcuna per la quale questa situazione debba cambiare nel futuro prossimo” spiegano gli autori. “Infatti tali metodi si sono dimostrati parecchio inefficaci nel cercare nuove reclute”.

In tutta l’Europa sarebbero stati non più di quattro o cinque i casi in cui il reclutamento sarebbe avvenuto solo ed esclusivamente online: una cifra, secondo Peter Neumann capo di ICSR, utile a far capire quanta incomprensione vi sia dell’intera questione. L’analisi della materia sarebbe stata portata avanti da chi è ben poco conscio delle politiche e del funzionamento del web, arrivando a veri e propri attacchi con massiccio dispiegamento di forze e risorse. Azioni del genere sono state considerate dallo studio controproducenti: “In molti hanno focalizzato il loro impegno in soluzioni tecnologiche credendo che rimuovendo o bloccando le manifestazioni di materiale radicale online avrebbe risolto il problema” si legge sul pdf che accompagna lo studio. “Inoltre, questo rapporto documenta che ogni strategia che si affida a mezzi il cui scopo è quello di ridurre la disponibilità dei soli contenuti è destinata ad essere costosa e controproducente”.

ICSR sostiene che, erroneamente, molti credono che applicare le stesse misure restrittive prese ad esempio contro la pedopornografia possano bastare ad arginare il problema: secondo gli autori, il tema del pedoporno viene riconosciuto all’unanimità come materia basata non solo sull’illegalità, ma anche permeata di disprezzo morale da parte degli utenti. Parlando di ideali politici, risulta ben più difficile comprendere se e quando questi siano da ritenersi offensivi o pericolosi, poiché soggetti ad uno spettro di considerazioni molto più ampio. Inoltre, sottolineano gli studiosi, un ruolo fondamentale nella vicenda viene giocato da chi fa politica nel mondo reale dal momento che alcune azioni repressive contro le idee politiche di alcuni potrebbero generare offese e fraintendimenti.

La ricetta indicata per combattere in maniera effettiva il diffondersi di ideologie estremiste sul web è quantomai semplice: impedire che i cittadini vi arrivino, puntando alle persone che le diffondono piuttosto che ai mezzi utilizzati per diffonderle. I siti oscurati possono ripresentarsi sotto altri domini e grazie ad accordi con nuovi provider, mentre i provvedimenti contro chatroom e grandi network sarebbero – a loro dire – inefficaci. In mancanza di ciò, fanno sapere i redattori dello studio, l’ideale sarebbe creare un clima sfavorevole alla diffusioni di ideologie radicali, educando agli utenti delle varie comunità a varare delle autoregolamentazioni supportate anche da una più stretta collaborazione con gli ISP.

Vincenzo Gentile

Link copiato negli appunti

Ti potrebbe interessare

Pubblicato il
12 mar 2009
Link copiato negli appunti