Forse illegali i CD protetti dalle majors

Forse illegali i CD protetti dalle majors

L'industria discografica vuole riversare sul mercato milioni di CD a prova di copia ma al Congresso USA si sospetta che tutto questo sia illegale. Guai in vista per i colossi della musica, che puntano tutto su questi sistemi
L'industria discografica vuole riversare sul mercato milioni di CD a prova di copia ma al Congresso USA si sospetta che tutto questo sia illegale. Guai in vista per i colossi della musica, che puntano tutto su questi sistemi


Washington (USA) – CD a prova di copia. Sono sempre più numerosi i titoli musicali distribuiti dalla grande industria della discografia dotati di tecnologie che rendono quantomeno più difficile la copiatura dei contenuti dei CD. E questo sistema è al centro delle strategie delle majors nella lotta contro la pirateria. Ma in vista ci sono possibili guai grossi per i grandi produttori.

Sono molti, da tempo, coloro che attaccano le tecnologie anti-copia. Tra questi, numerose sono le associazioni dei consumatori, secondo cui l’uso di tali sistemi di fatto erode il diritto alla disponibilità del bene acquistato. E questo sia per quanto riguarda gli impedimenti alla copia di sicurezza dei CD sia per le limitazioni all’ascolto su supporti non graditi ai produttori, come i computer o i player mp3.

E sono proprio questi i dubbi e le domande che si stanno ponendo sempre più diffusamente i legislatori americani. Tanto che nelle scorse ore, sotto la guida del deputato repubblicano Rick Boucher, un drappello di parlamentari ha inviato una lettera ufficiale all’associazione delle industrie discografiche americane per chiedere una puntuale descrizione tecnica e operativa delle tecnologie anti-copia. Una richiesta che si estende tanto ai sistemi già in uso quanto a quelli in via di progettazione. Il sospetto, infatti, è che possano violare l’importante Audio Home Recording Act (AHRA).

L’AHRA è una legge promulgata negli States nel 1992 che sancisce il diritto del consumatore alla copia per uso personale della musica acquistata. Ed è proprio questa legge che, con un principio applicato con poche differenze anche in Italia, consente alle case discografiche di ottenere percentuali su ogni cassetta, CD o minidisc vergini venduti nei negozi. L’uso “potenziale” di questi supporti per la copia giustifica infatti entrate miliardarie.

“Temo davvero – ha scritto Boucher – che alcune di queste tecnologie anti-copia possano impedire od ostacolare la registrazione domestica, quella che sfrutta registratori ed altri mezzi previsti dall’AHRA”. Boucher gira il coltello nella piaga: “Ogni modifica intenzionale ad un CD tesa ad impedire la creazione delle copie personali consentite dalla legge potrebbe rappresentare una violazione agli obblighi a cui sono attualmente soggetti i proprietari dei contenuti”.

A metterci il carico da novanta è anche la Electronic Frontier Foundation , per bocca di uno dei suoi legali, Fred von Lohmann, secondo cui se le case discografiche hanno l’intenzione di adottare tecnologie che precludono ai consumatori la possibilità di effettuare copie di backup, allora queste non hanno più alcun diritto di continuare a incassare royalty per ogni disco o cassetta vergini venduti. Una prospettiva che è senz’altro destinata a far rizzare le antenne ai responsabili delle grandi aziende produttrici.

Boucher non ha ancora svelato quali provvedimenti potrebbe decidere di prendere il Congresso, anche per mezzo del Governo americano, nel caso le tecnologie anti-copia risultassero effettivamente in contrasto con le leggi statunitensi.

Nel frattempo Universal, con la colonna sonora di “Fast and the Furious”, è stata la prima fra le più grosse etichette americane ad introdurre negli USA un CD protetto dalla copia . Un esempio che le sue “compari” sembrano voler seguire a breve.

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Pubblicato il
7 gen 2002
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