Garante Privacy: sanzioni a TIM e TPER

Garante Privacy: sanzioni a TIM e TPER

Multe da 150.000 euro a TIM per non aver inviato i tabulati telefonici e da 30.000 euro a TPER per aver usato un sistema di controllo dei dipendenti.
Garante Privacy: sanzioni a TIM e TPER
Multe da 150.000 euro a TIM per non aver inviato i tabulati telefonici e da 30.000 euro a TPER per aver usato un sistema di controllo dei dipendenti.

Il Garante per la protezione dei dati personali ha ordinato a TIM di pagare una multa di 150.000 euro per aver impedito ad un abbonato l’accesso ai tabulati telefonici. Nella newsletter settimanale dell’autorità viene riportata anche la sanzione di 30.000 euro inflitta a Trasporto Passeggeri Emilia Romagna (TPER) per aver utilizzato un sistema di monitoraggio a distanza dei lavoratori.

TIM: ostacolato il diritto alla difesa

Un abbonato aveva chiesto a TIM, tramite l’avvocato, i tabulati telefonici relativi a due utenze per raccogliere le prove a sostegno della sua difesa e dimostrare l’estraneità ai fatti nel corso di un processo penale. Nonostante le richieste effettuate correttamente mediante apposito modulo, l’utente non ha ricevuto riscontro e quindi ha deciso di rivolgersi al Garante della Privacy.

L’autorità ha successivamente verificato la condotta illecita dell’operatore, chiedendo di soddisfare le richieste dell’abbonato e riservandosi l’applicazione di una sanzione. La multa da 150.000 euro è stata effettivamente erogata, in quanto TIM ha impedito all’abbonato di esercitare il diritto di accesso ai dati personali senza ingiustificato ritardo. La società è stata ritenuta colpevole di “condotta gravemente negligente” e di aver ostacolato il diritto di difesa durante un processo penale.

TPER: controllo remoto dei dipendenti

Un dipendente di Trasporto Passeggeri Emilia Romagna (TPER) aveva presentato un reclamo al Garante perché la società di trasporto pubblico utilizzava un sistema di monitoraggio dei lavoratori, in particolare le attività svolte dall’assistenza clienti. In seguito all’ispezione in loco, l’autorità ha scoperto che i dipendenti non erano stati adeguatamente informati.

Il sistema consentiva la registrazione e il riascolto delle telefonate ricevute dal call center, oltre alla conservazione per un tempo indefinito di altre informazioni, tra cui durata della chiamata, numeri contattati, data e ora. Il software non era quindi un semplice strumento di lavoro, ma un sistema di controllo a distanza dei lavoratori che richiedeva un accordo sindacale o l’autorizzazione dell’ispettorato. La multa inflitta ammonta solo a 30.000 euro perché la società ha collaborato e disattivato il sistema.

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Pubblicato il
3 dic 2021
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