Seoul – La domotica sud-coreana sta diventando l’avanguardia indiscussa dell’intero settore. LG ha già realizzato almeno 100 case nella capitale sudcoreana definite “cyber” o “futuristiche” ed ha promesso dal 2008 una costruzione annuale di 30 mila unità abitative. Quartieri hi-tech che, almeno all’apparenza, non lasceranno trasparire alcuna differenza rispetto agli attuali standard. L’innovazione si nasconde all’interno sfruttando confezioni minimal e poco appariscenti.
Saranno stati forse gli 8 miliardi di dollari investiti in robotica o forse l’indole geek dei coreani a sostenere questa rivoluzione; di fatto, mentre nelle fiere occidentali e sui media risplendono soluzioni domotiche inavvicinabili – almeno economicamente – laggiù gli appartamenti 2.0 prendono forma e si moltiplicano.
Varcata la soglia di casa si scopre che grazie ad un pannello digitale a muro si può avere accesso a tutti i sistemi. La qualità dell’aria, ad esempio, non si decide più con politiche ambientali a medio termine, bensì con un purificatore integrato in ogni stanza.
Anche la televisione è collegata al sistema centrale, in modo che ogni grande elettrodomestico possa inviare informazioni facilmente visibili a schermo. Ad esempio, una lavatrice potrebbe avvertire il completamento della fase di lavaggio. Tutto, insomma, può essere monitorato grazie al fatto che l’appartamento è completamente cablato: dati ed elettricità viaggiano sugli stessi cavi.
L’unico difetto – almeno per la concorrenza straniera – è che ogni dispositivo debba essere compatibile con le specifiche sudcoreane HomeNet . I Coreani certamente non vogliono che qualche multinazionale giapponese venga a “mangiare” nello stesso piatto.
La casa del futuro, a Seoul, è già realtà. Ma sono pronte altre novità, come i frigoriferi con lettori RFID integrati (capaci quindi di comunicare con le etichette degli alimenti), i computer da polso capaci di interagire con la casa e i guardaroba con display per le prove virtuali degli abiti.
Dario d’Elia