New York – Nel briefing delle scorse ore gli avvocati dell’accusa hanno fatto sapere che la Motion Picture Association MPAA è stata impegnata nelle scorse settimane nel cercare di convincere i siti che distribuivano il DeCSS a rinunciare all’operazione. Pare che circa il 60 per cento dei siti abbia accettato.
In questa controversia, in gioco c’è il diritto di linkare un programma osteggiato come il DeCSS, un software capace di annullare le protezioni antipirateria inserite nei DVD dalla MPAA, l’organizzazione che raccoglie gli industriali più importanti del cinema.
Secondo la difesa di 2600.com la MPAA sarebbe, in sostanza, a caccia di farfalle visto che non esisterebbe alcuna evidenza che il programma sia stato usato per gli scopi che temono a Hollywood. Inoltre, e ben più importante, la difesa sostiene che in questo modo la MPAA stia limitando il diritto e la libertà di esprimersi.
Come si ricorderà infatti, a fine luglio il giudice distrettuale che presiede il caso, Lewis Kaplan, aveva fatto intendere che la scrittura del software è opera dell’ingegno e come tale rientra nelle tutele del Primo Emendamento della costituzione degli Stati Uniti.
Le aziende di Hollywood sostengono invece che bloccare il DeCSS “è necessario” perché con quel software si potrebbero violare i diritti di qualcuno.
La vicenda è ricominciata all’inizio di aprile quando 2600.com fu denunciato dalla MPAA perché conteneva, dal suo sito, link a siti che offrivano il DeCSS.
Precedentemente però gli industriali del cinema avevano già ottenuto che Eric Corley, responsabile di 2600.com, non potesse redistribuire il software incriminato direttamente come faceva. Corley si adeguò e conservò sul suo sito solo link verso altri web da cui scaricare, appunto, il DeCSS. Mossa che fece infuriare la MPAA, che scatenò questa seconda causa contro i link!
Nel briefing delle scorse ore gli avvocati dell’accusa hanno fatto sapere che la MPAA è stata impegnata nelle scorse settimane nel cercare di convincere i siti che distribuivano il DeCSS a rinunciare all’operazione. Pare che circa il 60 per cento dei siti abbia accettato.
Ora, in attesa dell’imminente giudizio, ci si chiede se effettivamente la MPAA ha il diritto di chiedere la cancellazione di un software, un diritto che per altro è assai difficile da far valere su Internet.