Google - Cina: ancora blocchi

Google - Cina: ancora blocchi

Violati anche alcuni account Yahoo! di giornalisti stranieri. Mentre BigG individua una botnet che stava infettando gli oppositori del governo vietnamita
Violati anche alcuni account Yahoo! di giornalisti stranieri. Mentre BigG individua una botnet che stava infettando gli oppositori del governo vietnamita

Nebbia sull’ultimo episodio della vicenda Google-Cina: a numerosi utenti sarebbe stato bloccato l’accesso a varie ricerche di Google.com.hk , anche a quelle senza alcun contenuto scomodo. Blocco che sembrava riguardare solo il sito e non, per esempio, la ricerca via toolbar.

Da questo è partito un ping pong di ipotesi che non ha ancora chiarito perfettamente tutta la questione. A primo acchito sembrava la rappresaglia – attesa – di Pechino per la scelta di Google di rifiutare la censura governativa.

Google aveva tuttavia precisato che era sua la colpa: “L’impossibilità ad accedere al motore di ricerca – spiegava un portavoce – sembra essere dovuto ad un blocco innescato da un cambiamento effettuato da Google stessa”. Quello che era successo, secondo questa prima versione dei fatti offerta da Mountain View, è che nelle precedenti 24 ore la stringa “gs_rfai” era stata inserita nelle URL delle ricerche di Google in qualità di una parte di un parametro di ricerca: il problema sorgeva allorché la Grande Muraglia Digitale interpreta “rfa” come un acronimo per Radio Free Asia , un servizio da tempo irraggiungibile in Cina.

Dopo questa ammissione di colpa, tuttavia, Mountain View ha corretto il tiro, affermando che il parametro era stato aggiunto alcuni giorni prima degli incidenti, per cui sarebbe intuibile che sia successo nel frattempo qualcos’altro. Oltretutto, i risultati stringati “rfa” sarebbero tornati visibili anche se da parte dei Googler non vi è stato ancora alcun intervento.

Intanto Pechino ha un’ulteriore bega da gestire: sembrerebbe che gli account email Yahoo! di alcuni giornalisti stranieri siano stati violati e sulla vicenda gli osservatori vedono allungarsi la lunga ombra familiare.

Almeno otto reporter hanno visto i loro account inaccessibili durante le ultime settimane in Cina e a Taiwan: “Stiamo approfondendo un errore accorso nel suo account” si leggeva al posto della casella di posta, con la richiesta di contattare Yahoo!. A uno dei quattro un tecnico di Yahoo! ha riferito che l’account era stato violato. Un altro aveva le impostazioni cambiate in modo tale che tutta la posta fosse inviata anche a un altro indirizzo. Yahoo! era già stata al centro delle polemiche per aver passato alle autorità informazioni relative a un suo utente, il giornalista Shi Tao, che è poi stato condannato a dieci anni di carcere per diffusione di segreti statali.

Alcuni dei bersagli dell’attacco risultano essere giornalisti iscritti al Foreign Correspondents’ Club of China ( FCCC ), che raccoglie i giornalisti di media non cinesi. Ad attirare i sospetti su Pechino, poi, il fatto che alcuni stessero seguendo da vicino questioni giudicate sensibili dal governo.

Motivazioni politiche sembrano esserci anche dietro un malware, individuato da Google, con cui sono stati attaccati una serie di computer vietnamiti , tutti riconducibili ad attivisti e oppositori. Tale malware potrebbe essere stato utilizzati per costituire una botnet che potrebbe essere legata all’Operazione Aurora con cui è stato colpita Google a dicembre. Sembrerebbero d’altronde esserci alcuni fattori comuni tra le due operazioni destinate a compromettere blog e account email di attivisti politicamente impegnati.

In pratica, partendo dal sito della Vietnamese Professionals Society , primo infetto, numerosi blog e computer sono stati contagiati con il trojan classificato da McAfee come Vulcanbot . Geaorge Kurtz, CTO McAfee, ha affermato che gli autori del gesto potrebbero essere legati direttamente al governo della Repubblica Socialista Vietnamita, che avrebbe effettuato attacci DDOS “per tentare di soffocare l’opposizione alla miniera di bauxite in Vietnam, un tema particolarmente caldo nel paese” e che vedrebbe il governo cinese alleato con quello locale.

Claudio Tamburrino

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Pubblicato il
31 mar 2010
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