Google e diritto all'oblio: class action per la gestione delle richieste

Google e diritto all'oblio: class action per la gestione delle richieste

Algopolio accusa Google di rigettare automaticamente molte richieste di rimozione dei link, violando così GDPR e diritto all'oblio.
Google e diritto all'oblio: class action per la gestione delle richieste
Algopolio accusa Google di rigettare automaticamente molte richieste di rimozione dei link, violando così GDPR e diritto all'oblio.

Come da comunicato stampa ricevuto in redazione, segnaliamo l’avvio di una class action inibitoria nei confronti di Google (Google LLC, Google Ireland Limited e Google Italy S.r.l.) e relativa alla gestione delle richieste di tutela del diritto all’oblio, previsto ormai da anni in Europa.

Class action contro Google per il diritto all’oblio

L’azione è promossa da alcuni membri di Algopolio, assistiti dagli avvocati Francesco Dagnino e Silvia Cossu dello studio legale LEXIA e dagli avvocati prof. Barbara Randazzo e Ruggero Rudoni dello studio legale ORALEX. Questa la dichiarazione attribuita all’associazione.

Non si tratta solo di rimuovere link isolati, ma di interrompere il meccanismo sistemico che consente al falso di propagarsi e restare accessibile per anni, trasformando insinuazioni ed errori in “verità digitali” difficili da cancellare.

Per la richiesta di cancellazione dei risultati dal motore di ricerca, come previsto, è necessario compilare un form. La class action punta il dito contro il fatto che l’azienda adotterebbe comportamenti sistematicamente lesivi del diritto all’oblio, sottraendosi agli obblighi previsti dalla normativa europea in materia di protezione dei dati personali e compromettendo in modo diretto (e spesso irreparabile) i diritti fondamentali degli individui.

Le violazioni contestate da Algopolio

In particolare, è contestato il rigetto sistematico delle richieste di deindicizzazione e rimozione, attraverso procedure standardizzate e non personalizzate, adottate anche in sostanziale elusione di provvedimenti specifici dell’Autorità Garante per la Protezione dei Dati Personali.

Tradotto: l’azienda non considererebbe ogni singola richiesta come invece dovrebbe fare, delegandone la gestione a un sistema apparentemente automatizzato, venendo così meno a un’imposizione del GDPR. Sono queste le violazioni sulle quali è posto l’accento.

  • Impossibilità di allegare prove (non è consentito l’invio di documenti);
  • assenza di valutazione individualizzata (le risposte sono standardizzate, impersonali, identiche e prive di riferimenti al caso concreto);
  • mancanza di motivazione e di contraddittorio (non è offerto alcun interlocutore umano);
  • mancata rimozione completa degli URL (non tutti i link sono eliminati).

La causa collettiva è in corso presso il Tribunale di Milano. Per maggiori informazioni visitare il sito dedicato (link a fondo articolo). Integreremo aggiornamenti in caso di dichiarazioni ufficiali da parte di Google.

Fonte: Algopolio
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Pubblicato il
26 nov 2025
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