L’impatto generato dagli strumenti di intelligenza artificiale sul mondo della scuola è ancora tutto da valutare, ma di certo nascondere la testa sotto la sabbia non costituisce il modo migliore per affrontare la questione. Fingere che gli studenti non siano a conoscenza di servizi come ChatGPT, ormai accessibili da tutti anche in modo gratuito, significa non solo voler ignorare il problema (sempre che di problema si tratti), ma farlo adottando un approccio miope e inevitabilmente destinato a rivelarsi fallimentare.
Nei giorni scorsi, è rimbalzata la notizia del professore cremonese che ha denunciato l’impiego dell’IA per lo svolgimento dei compiti a casa, da parte di 18 su 23 studenti di una classe media (fonte Cremona Sera). A insospettirlo è stata la totale assenza di errori grammaticali, frutto del rapido copia-incolla di quanto restituito dagli algoritmi. Gli alunni non sono però i soli a far uso di questi metodi per risparmiare tempo: lo stanno facendo anche gli insegnanti. E, se per i primi è quasi da considerare lecito o quantomeno legittimo cedere alla tentazione, per questi ultimi, per definizione incaricati del ruolo di controllori, il peccato potrebbe innescare conseguenze ben più gravi. Il fenomeno è testimoniato dalla crescente popolarità di Writable, un tool destinato proprio a loro, che sta sempre più prendendo piede nei paesi dove è già disponibile.
ChatGPT e la scuola: studenti, insegnanti e l’IA
Stando a quanto si legge sulla homepage del sito ufficiale, è destinato a coloro che hanno a che fare con una fascia d’età che copre dalla terza elementare alle medie superiori. Il mese scorso, il servizio è stato acquisito da Houghton Mifflin Harcourt, casa editrice statunitense attiva nella pubblicazione di testi didattici, a conferma di quanto le realtà del settore stiano guardando con interesse a questo ambito.
Funziona sottoponendo i testi dei compiti alla stessa IA che anima ChatGPT, ottenendo in risposta una valutazione che dovrà poi essere controllata ed eventualmente perfezionata dall’insegnante, prima dell’assegnazione del voto. L’obiettivo, anche in questo caso, è accorciare i tempi.
Il sistema adotta un approccio definito “human in the loop” ovvero che prevede il coinvolgimento attivo del professore. La privacy è salvaguardata dall’impiego di apposite misure di protezione, per evitare la raccolta o l’elaborazione dei dati personali (si pensi, ad esempio, a un tema sulle vacanze estive o sulla famiglia).
Writable non è il solo strumento di questo tipo già in circolazione. Ci sono, tra gli altri (citati da Axios), anche Crowdmark, EssayGrader e Gradescope. Le modalità operative sono pressoché identiche, l’obiettivo non cambia: ridurre il tempo richiesto dalla correzione.
Anziché vietare, spiegare e imparare
Il mondo della scuola non può farsi trovare impreparato all’adozione su larga scala dei servizi di intelligenza artificiale. Le potenziali conseguenze potrebbero essere ben più gravi rispetto a quelle derivanti dall’arrivo degli smartphone sui banchi o dalla volontà di delegare le comunicazioni istituto-famiglia a WhatsApp.
Gli studenti non smetteranno di utilizzare l’IA solo perché lo chiederanno i genitori o gli educatori, tanto più se chi siede alla cattedra fa altrettanto. Imporre un divieto con la speranza che venga rispettato non può che tradursi nel proverbiale buco nell’acqua.
Perché, allora, non iniziare fin da subito a spiegare e imparare, insieme? Ad affrontare un percorso di formazione, destinato in egual modo a entrambe le parti (anche perché non siamo certi che, oggi, siano gli insegnanti i più preparati sul tema), attraverso cui conoscere le potenzialità di un mondo ancora in evoluzione e i rischi che questa innovazione porta con sé?
Se i pericoli legati all’influenza delle allucinazioni dell’intelligenza artificiale (per maggiori informazioni rimandiamo a un approfondimento dedicato) possono indubbiamente costituire un insidia per gli allievi, vale ancor di più per i docenti, chiamati per definizione a riconoscere e a correggere gli errori. Detto questo, demonizzare una tecnologia non è mai una buona scelta: non lo è stato decenni fa per l’avvento di Internet, non lo è oggi per l’IA.