Il Direttore Responsabile non è responsabile

Il Direttore Responsabile non è responsabile

di Guido Scorza - La sentenza della Cassazione lo paragona a un intermediario della comunicazione. Ma il direttore responsabile non è esattamente una piattaforma
di Guido Scorza - La sentenza della Cassazione lo paragona a un intermediario della comunicazione. Ma il direttore responsabile non è esattamente una piattaforma

La Sentenza con la quale lo scorso 16 luglio la Suprema Corte di Cassazione ha ritenuto non responsabile ex art. 57 del Codice Penale, il direttore di una testata telematica ha dato vita ad un vivace dibattito tra addetti ai lavori, giornalisti ed editori online. Si tratta, d’altra parte, di una decisione che difficilmente sarebbe potuta passare inosservata: la Corte di Cassazione ha, infatti, ritenuto non responsabile il direttore responsabile di una testata telematica, in un Paese nel quale, talvolta, si è ritenuto responsabile di omesso controllo sui contenuti immessi online dagli utenti persino l’intermediario della comunicazione che la disciplina europea vorrebbe, invece, non responsabile.

I giudizi positivi sulla decisione sono stati, sin qui, di gran lunga superiori a quelli negativi, come probabilmente è normale che sia.
Nella sostanza, peraltro, a leggere i contorni della vicenda che ha dato origine alla decisione, quest’ultima sembra tutto sommato condivisibile: nel corso del giudizio sembrerebbe, infatti, non essersi raggiunta la prova neppure dell’avvenuta pubblicazione del contenuto ritenuto diffamatorio e, in ogni caso, tale contenuto non era rappresentato dall’articolo di un giornalista ma, piuttosto, da una lettera inviata da un lettore.
Si tratta, tuttavia, di una brutta Sentenza, scritta male, da una penna evidentemente a digiuno di questioni della Rete e costruita su una serie di apodittici teoremi che rischiano di produrre più confusione di quanta già non ce ne sia nella disciplina dell’informazione online.
Cominciamo dal principio.

La Sentenza è stata pubblicata in forma anonima, previo mascheramento dei dati, ma la stessa testata online protagonista della vicenda – merateonline.it – nelle scorse ore, ha ritenuto di darne trionfalmente notizia , rendendo dunque noti i nomi dei protagonisti ed i contorni della vicenda che ne ha formato oggetto. Ecco il riassunto di quanto accaduto, proposto sulle pagine di Merateonline : “Nell’estate 2001…appare (?!?) nella rubrica Email la lettera di un lettore con la quale si insinua che la notizia della buste contenente proiettili ricevute da Roberto Castelli e Giuseppe Magni è una bufala e che i due protagonisti della politica locale e nazionale l’avrebbero diffusa per farsi pubblicità. I due querelano, anche se poi Castelli spontaneamente ritira la denuncia. Giuseppe Magni no. Il direttore di Merateonline casca dalle nuvole e dichiara che non risulta che la lettera sia mai apparsa sul sito di Merateonline . Quindi non l’ha vista, non l’ha letta e non ne ha mai autorizzato la pubblicazione. Claudio Brambilla teme sia avvenuto un accesso non autorizzato da parte di un hacker che ha operato dall’esterno e presenta un esposto denuncia alla Procura di Lecco contro ignoti”.

E veniamo ora alla Sentenza. I Giudici della Cassazione non verificano – né danno atto dei risultati di un’eventuale verifica in tal senso effettuata nei precedenti gradi del giudizio – se la testata telematica in questione sia registrata – anche se sembrerebbero dare per scontato che lo sia – né quale sia stato il processo di pubblicazione della lettera, ovvero se la stessa sia stata pubblicata automaticamente come se si trattasse del commento di un lettore in calce ad un articolo o, piuttosto, inviata in redazione e successivamente pubblicata previa selezione.

Entrambe le circostanze, in realtà, appaiono piuttosto rilevanti. Navigando, oggi, sulle pagine di merateonline.it non si trova traccia di alcun riferimento alla registrazione della testata telematica né di alcun form per la pubblicazione automatica di lettere o commenti mentre c’è, certamente, un indirizzo attraverso il quale inviare eventuali lettere alla redazione. Sin qui i fatti.
Veniamo ora ad alcune considerazioni sui principi di diritto stabiliti dalla Cassazione.

I Giudici di legittimità, innanzitutto, dicono, senza mezzi termini, che l’ art. 57 del codice penale non è suscettibile di applicazione nei confronti del direttore di una testata pubblicata su un supporto diverso dalla carta. Si tratta, per la verità, di un principio non nuovo e già sancito, in passato, da alcune decisioni di merito. Il principio, tuttavia, non convince.

L’art. 57 c.p., innanzitutto, se si eccettua la sua rubrica – “reati commessi col mezzo della stampa periodica” – non contiene alcun riferimento alla “stampa” e men che meno alla nozione di stampa realizzata attraverso processi tipografici contenuta nella Legge sulla stampa del 1948. Come è noto – e come riconosciuto nella stessa Sentenza dai giudici della Cassazione – è, invece, fuor di dubbio che l’art. 1 della legge 62/2001 , dopo aver incluso nella nozione di “prodotto editoriale” anche quello diffuso elettronicamente, prevede che ” Il prodotto editoriale diffuso al pubblico con periodicità regolare e contraddistinto da una testata, costituente elemento identificativo del prodotto, è sottoposto, altresì, agli obblighi previsti dall’articolo 5 della medesima legge n. 47 del 1948 “. Tale previsione stabilisce che nessun giornale o periodico può essere pubblicato in assenza di registrazione e che, per la pubblicazione, è necessario disporre di un direttore responsabile che sia, salvo eccezioni, un giornalista di professione.

Secondo i giudici della Cassazione, tuttavia, ” il testo del 2001 ” si sarebbe limitato a ” introdurre la registrazione dei giornali online (che dunque devono avere necessariamente al vertice un direttore) solo per ragioni amministrative e, in ultima analisi, perché possano essere richieste le provvidenze previste per l’editoria (coma ha chiarito il successivo D.Lsvo) ” (n.d.r. il riferimento deve essere al D.Lgs. 70/2003 di attuazione della direttiva europea sul commercio elettronico).
Si tratta di una tesi che non convince.

Esigere la nomina di un direttore responsabile che non risponda del contenuto del quotidiano o periodico che dirige sembra davvero troppo persino per la barocca disciplina italiana sulla stampa e l’editoria. A prescindere dunque dalla difficoltà di rintracciare nel principio di tassatività un limite all’applicabilità della fattispecie di reato di cui all’art. 57 c.p. ai direttori di testate online, tale eventuale limite risulterebbe comunque irragionevole non apparendo costituzionalmente sostenibile individuare il discrimen tra le ipotesi di applicabilità e quelle di non applicabilità della fattispecie nel solo supporto attraverso il quale il periodico viene diffuso. E se un quotidiano sin qui edito su carta, da domani venisse diffuso solo in versione elettronica, magari anche sfogliabile, per iPad? Il direttore che sin qui è stato ritenuto responsabile del contenuto della propria pubblicazione, non dovrebbe, in futuro, più esserlo?

Un discorso, invece, diverso sembra necessario in relazione alla responsabilità del direttore di una testata telematica per i contenuti eventualmente pubblicati, in modo automatico, dai lettori ed utenti. In questo caso appare corretto escludere la responsabilità ex art. 57 c.p. del direttore in quanto i commenti dei lettori dovrebbero essere ritenuti estranei al “contenuto del periodico” in relazione al quale può esigersi dal direttore un controllo volto ad evitare la commissione di eventuali illeciti.

Si tratta, d’altra parte, della soluzione recepita nei mesi scorsi nell’Ordinamento francese, nell’ambito del c.d. Statuto della stampa online , varato con la legge HADOPI, nota al grande pubblico per ben altre ragioni. Il legislatore francese, in quella sede, ha espressamente previsto che il direttore responsabile di una testata telematica, abbia, in relazione ai commenti dei lettori, una posizione analoga a quella dell’intermediario della comunicazione, nel senso che non ne sia responsabile salvo che, informato del loro carattere illecito, non si attivi per rimuoverli. In questa prospettiva, la recente Sentenza della Corte di Cassazione avrebbe potuto essere condivisa, ove i giudici avessero ritenuto di esonerare il direttore di Merateonline dalla responsabilità ex art. 57 c.p., perché, in ipotesi, la lettera contenente i riferimenti asseritamente diffamatori fosse risultata pubblicata automaticamente da un lettore-utente.

Il principio che gli ermellini della Suprema Corte hanno inteso fissare è, tuttavia, assai più ampio. Secondo i magistrati, infatti, ” la figura del direttore del giornale diffuso sul web ” non sarebbe diversa – lo mettono nero su bianco in termini inequivoci – da quella degli intermediari della comunicazione ex art. 14 del D. lgs. 70/2003. In questi termini la decisione non può essere condivisa.
Essa, peraltro, fa apparire ancora più stridenti le recenti pronunzie con le quali, in un’inenarrabile sequenza di episodi, la nostra giurisprudenza, ha addirittura, ritenuto configurabile, a titolo di culpa in vigilando – ovvero la stessa che i giudici della Cassazione non si sono sentiti di imputare al direttore di Merateonline – in capo agli intermediari della comunicazione.

Ordine, contrordine, uguale disordine, recita un vecchio proverbio e, sfortunatamente, la materia dell’informazione e dell’editoria, nel nostro Paese, sembra allo stato contrassegnata da frequenti ordini e contrordini. Solo qualche settimana fa, ad esempio, il Tribunale di Milano, pur riconoscendo la riconducibilità dell’editoria telematica alla disciplina sulla stampa aveva stabilito che solo le testate telematiche registrate possono beneficiare della garanzia di insequestrabilità prevista dall’art. 21 della Costituzione ed aveva peraltro ribadito che non sussiste, per l’online, nessun obbligo di registrazione, salvo che per le testate che abbiano intenzione di accedere ai contributi all’editoria.

Difficile dire quale sia la direzione verso la quale occorra andare ma sembra fuor di dubbio che è urgente un radicale ripensamento della disciplina della materia che tenga nella debita considerazione la circostanza che l’online si avvia a divenire il contesto di riferimento per il mondo dell’informazione. Ben lieto, dunque, di unirmi al coro di soddisfazione e rallegramenti per l’assoluzione del direttore di Merateonline se il contenuto in questione era, effettivamente, rimasto sottratto alla sua possibilità di controllo per essere stato pubblicato automaticamente da un utente ma non posso astenermi dal rilevare come certe Sentenze facciano più male che bene al diritto dell’informazione e dell’informatica.

Guido Scorza
Presidente Istituto per le politiche dell’innovazione
www.guidoscorza.it

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Pubblicato il
5 ott 2010
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