Il GPS che depista

Il GPS che depista

Un pensionato si trova costretto a fronteggiare continue richieste di restituire cellulari scomparsi ai legittimi proprietari guidati verso casa sua dal segnale GPS. E' un falso positivo, e non è certo l'unico
Un pensionato si trova costretto a fronteggiare continue richieste di restituire cellulari scomparsi ai legittimi proprietari guidati verso casa sua dal segnale GPS. E' un falso positivo, e non è certo l'unico

Wayne Dobson, 59enne pensionato residente nella città di North Las Vegas nel Nevada, è vittima di un curioso caso di errore tecnologico ricorrente: a quanto pare i possessori di telefonini scomparsi (o rubati) sono soliti bussare alla porta dell’uomo a ogni ora del giorno e della notte, perché il software di recupero del terminale suggerirebbe loro che in quella casa si trova quello che stanno cercando.

La situazione è degenerata, al punto che Dobson è stato costretto ad affiggere un avviso fuori casa: Dobson è stato sin qui “visitato” da una donna alla ricerca delle fotografie dei nipoti, da quattro uomini – una notte di dicembre 2012 – e dalla polizia cittadina due settimane dopo.

Il problema, spiegano i tecnici dell’operatore telefonico Sprint, deriva dall’ insolito funzionamento del software di tracking incluso nei cellulari e basato sia sul segnale GPS sia sulla triangolazione con le celle presenti in zona. Si tratta di “un caso raro” che affligge gli utenti della rete Sprint, e che apparentemente non riguarda alcun problema specifico della rete o l’infrastruttura dell’operatore statunitense.

Di un problema più umano che tecnologico – ma sempre riguardante le gioie e i dolori del segnale GPS – si parla invece nel caso di Sabine Moreau, sessantasettenne belga partita per un “viaggetto” di 80 chilometri verso Bruxelles ma finita invece in Croazia, a 1450 chilometri da casa.

La donna avrebbe dovuto raggiungere una sua conoscenza alla stazione della capitale del Belgio, ma a suo dire è stata “distratta” e non si è accorta del fatto che il navigatore satellitare le facesse compiere un lungo viaggio per l’Europa. L’avventura si è conclusa a Zagabria – dove la donna si è finalmente accora che qualcosa non andava – con un piccolo incidente stradale, vari rifornimenti di benzina e un paio di “sonnellini” a bordo dell’auto.

Alfonso Maruccia

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Pubblicato il 17 gen 2013
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